sabato 6 febbraio 2010

Ancora sui social network

Facebook festeggia, in questi giorni, sei anni e 400 milioni di utenti e, per l’occasione, Mark Zuckerberg ha annunciato una serie di novità sull’interfaccia del più popolare social network del mondo. Al di là delle considerazioni grafiche e di utility che si potranno fare, mi sono soffermato su una frase del suo fondatore: “in momenti di tragedie e di gioia, i cittadini del mondo vogliono connettersi e aiutarsi”. Parole sempre attuali e veritiere, anche alla luce dei numerosi sondaggi sul tema. Tra questi, ultimo solo in ordine di tempo, è lo studio presentato da Nielsen, uno degli osservatori internazionali più noti sulle tematiche del web, secondo cui il tempo pro capite trascorso, nel mondo, sui social network è aumentato dell'82% rispetto al mese di dicembre 2008 e, ovviamente, Facebook e Twitter fanno la parte del leone, mentre il “povero” MySpace continua a perdere colpi. Gli italiani, poi, oltre a essere un popolo di santi, navigatori, eroi, poeti, inventori, si rivelano anche un popolo di connessi poiché, sempre secondo questa indagine, trascorrono sei ore al mese collegati ai propri profili e si situano al quarto posto, preceduti da britannici, americani e australiani che, nonostante siano primi in classifica, passano appena 52 minuti in più di noi sulle web community (fonte: La Repubblica). Questi dati confermano che i network scompaginano il precedente confine tra comunicazione interpersonale e comunicazione di massa, tra quella pubblica e privata e che il livello di presenza sociale e di gratificazione online sono elevati e trasversali. Si sta, quindi, realizzando la società transnazionale prefigurata da Clifford Geertz nel 1999 e i media diventano sempre più non solo il canale, ma anche e soprattutto l’oggetto della comunicazione, stravolgendo i confini spaziali e temporali della nuova umanità che, libera da rigide convenzioni geografiche e culturali, si scompone e si ricompone seguendo direttrici legate a interessi comuni, passioni ed emozioni. Il mondo si va ridisegnando in maniera casuale e inconsapevole e i nostri ragazzi e noi stessi, è inutile negarlo, siamo parte di questo “nomadismo planetario digitale” che è la caratteristica principale della nostra società agli inizi del XXI secolo. Politici, famiglie, istituzioni, educatori e formatori devono saltare in fretta su questo immenso transatlantico in movimento continuo. Non c’è il rischio di perderlo perché torna sempre e ripassa ovunque, ma sarebbe un delitto ritardare e saltare alcune fermate per capire dove le generazioni che ci seguiranno hanno intenzione di approdare e, soprattutto, come ci approderanno continuando a muoversi, a sognare, a sperare, a innamorarsi e a fare amicizia a pochi metri dalla cucina di casa.