tag:blogger.com,1999:blog-64342685599918881692024-03-14T05:11:31.313+01:00TecnodidatticamenteTecnologie, didattica, lingue straniere...e altre amenitàMarco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.comBlogger50125tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-85958872522437172752016-03-20T17:29:00.000+01:002016-05-23T16:01:28.031+02:00Diario di un apocalittico e integrato in fabula che aveva aperto una bustina misteriosa a pendolo su un'isola di boschi di rose<div style="text-align: justify;">
Questo è un post su Umberto Eco. Non è eccessivamente lungo, ma se avete le scatole piene dei ricordi e delle sue citazioni che continuano a riempire i social, non leggetelo. Andate al bar, fumate una sigaretta, uscite con il fidanzato/marito o la fidanzata/moglie, scorrete fino allo sfinimento oculare la bacheca di Facebook, accendete il televisore, aprite un libro. Insomma fate quello che vi pare, ma non leggetelo. Cos'è, quindi? Un altro ricordo? Un omaggio? Un articolo? Non ne sono sicuro. Sono partito da un'immagine (come lui raccontò in un'intervista a proposito della genesi del suo romanzo più famoso) e ho iniziato a scrivere, senza dimenticare, però, alcuni dei suoi consigli: documentarsi, confrontare, leggere e divertirsi nel farlo, così come nell'assaporare il sottile piacere della riscrittura.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Nei primi giorni dopo la sua morte, molte sue riflessioni sono state riprese e riportate ovunque. Alcune su tutte: quella del settantenne che se legge avrà vissuto migliaia di anni; quella delle 40 regole per scrivere bene; quella sulle legioni di imbecilli che infestano i social, Twitter in particolare (su cui tornerò in chiusura). In molti casi, la prima è stata copiata e incollata da chi ha letto l'ultimo libro qualche anno fa; la seconda da chi usa allegramente punteggiatura e sintassi; la terza da chi, commentandola in maniera scivolosa, gli dà ragione. In poche parole, dopo la sua dipartita, il professore è diventato, improvvisamente, direi, uno di noi. Fino a qualche tempo fa, invece, era un anziano e distinto signore dalla erre moscia con borsalino, sigaro e bastone (vari tipi di bastone, di cui, pare, fosse orgoglioso), molto snob, molto spocchioso, molto ricco, molto famoso e molto ignorato. </div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
Umberto Eco, ovviamente, non è stato solo "<em>Il nome della rosa</em>", anche se, invero, questo romanzo gli ha garantito una fama e una popolarità planetaria, mai venuta meno dal 1980, anno della sua pubblicazione. Egli è stato innanzitutto un uomo libero e poliedrico che è riuscito a occuparsi di svariati argomenti lasciandoci, per ognuno di essi, tracciati più o meno compiuti che è necessario studiare con attenzione se vogliamo sperare di comprendere appieno il prisma Umberto Eco. I suoi interessi hanno spaziato da Aristotele a Borges e a Joyce, da Sant'Agostino ai mass media, dallo strutturalismo all'amatissimo Gérard de Nerval, dal cabalismo ebraico ai fumetti e alla fantascienza, dalle analisi dei movimenti politici alle teorie sui complotti e ai falsi, dal terrorismo all'editoria multimediale (si veda, a questo proposito, il progetto <em><a href="http://emp.encyclomedia.it/" rel="nofollow" target="_blank">Encyclomedia</a></em>), dall'estetica medievale alla cultura di massa, dai personaggi Disney a Pierce. Il titolo di questo post, pertanto, è una modesta composizione di alcune delle sue opere per omaggiare la sua vastissima ricchezza culturale: si riconoscono "<em>Diario minimo</em>" e "<em>Secondo diario minimo</em>", "<em>Apocalittici e integrati</em>", "<em>Opera aperta</em>", "<em>Lector in fabula</em>", "<em>La bustina di minerva</em>", "<em>La misteriosa fiamma della regina Loana</em>", "<em>Il pendolo di Foucault</em>", "<em>L'isola del giorno prima</em>", "<em>Sei passeggiate nei boschi narrativi</em>" e, per finire, naturalmente, "<em>Il nome della rosa</em>".</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
I ricordi, le immagini e le innumerevoli testimonianze hanno descritto aneddoti e lati del suo carattere; si sono soffermati sui suoi contributi principalmente alle scienze della comunicazione e alla semiologia; hanno sottolineato i suoi meriti, le sue onorificenze, i premi, le milioni di copie vendute. Insomma, hanno tentato di raccontare e descrivere il personaggio, il professore, l'uomo Umberto Eco a tutto tondo. Nel mio piccolo, voglio dedicare questo pensiero a noi e cioè al ruolo importante che lui ha voluto ritagliare al lettore in tutta la sua sterminata produzione narrativa e saggistica. Va detto, a onor del vero, che approcciare un libro di Umberto Eco non è come andare dal salumiere sotto casa e ordinare un etto di prosciutto. E' necessario studiare prima, durante e dopo, poiché ogni sua opera è una porta che si apre su altre porte, è una finestra su un tempo, nostro o passato, che ci consente una posizione privilegiata per coglierne sfumature e regali nascosti. I suoi lavori sono legati l'uno all'altro da corde tese e ben strette, tanto che è necessario non perdere mai di vista dettagli e posizioni critiche per evitare di perdersi e mancare di assaporare la dottrina, la percezione, il passo, i salti, le scelte, gli alambicchi del suo genio.</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
Uno dei più grandi meriti di Umberto Eco è stato quello di portare una ventata di aria fresca nell'ammuffito,<span style="font-family: inherit;"> eburneo e ristretto cenacolo degli intellettuali italiani, mettendo in atto una vera e propria contaminazione tra la cultura accademica e la cultura cosiddetta di massa e ponendole, di fatto, sullo stesso piano. </span>Già a partire dagli anni ’60, egli ha mescolato a suo piacimento ingredienti “alti” e “bassi” per osservare il risultato e superare la rigida gerarchia dei saperi come chiave per la comprensione dei meccanismi della cultura "popolare". In narrativa, si è divertito a effettuare un'operazione similare, tant'è che i suoi romanzi possono essere letti a diversi livelli di comprensione. “<em>Il nome della rosa</em>”, per esempio, può essere apprezzato da una portinaia come un avvincente libro giallo, mentre un accademico può scorgervi elementi di avanguardia critica. Come ha detto lo stesso Eco in un’intervista televisiva, si tratta della cosiddetta teoria del <em>double coding</em>, elaborata da alcuni critici americani come trend di una certa letteratura dagli anni ’80 in poi, anche se in realtà esisteva già da secoli. E per dimostrarlo ha riportato un aneddoto di Boccaccio: una mattina Dante Alighieri mentre passeggiava per le strade di Firenze sentì un fabbro citare e storpiare passi tratti dalle sue opere durante il suo duro lavoro quotidiano. A quel punto, il sommo poeta, infuriato, sparpagliò per terra gli strumenti dell'artigiano giustificando quel gesto come una vendetta di pari grado nei suoi confronti per avergli rovinato i versi. Perciò, se il fabbro declamava la Divina Commedia è probabile che fosse in grado di comprendere le immagini generali, come ad esempio quella di <em>Caron Dimonio con occhi di bragia</em>, anche senza cogliere le allusioni teologiche e politiche, quelle riservate a un altro tipo di lettore.</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
Il lettore dunque, o meglio, noi lettori come parte integrante delle sue riflessioni teoriche e del suo agire creativo, a cui ha suggerito di diffidare degli scrittori che affermano di scrivere solo per sé stessi, poiché, a suo dire, sono narcisisti, disonesti e mendaci: "<em>C'è una sola cosa che scrivi per te stesso, ed è la lista della spesa. Ogni altra cosa che scrivi, la scrivi per dire qualcosa a qualcuno. Si scrive solo per un lettore. Infelice e disperato chi non sa rivolgersi a un lettore futuro</em>" ("<em>Sulla letteratura</em>", p. 359). Ezio Mauro, nello speciale de "La Repubblica" del 21/02/2016 a lui dedicato, sintetizza al meglio la sua grande verve narrativa nella "<em>capacità di costruirsi lettori, accendendo una passione, portandosela dietro fino a scoprire l'eresia estrema, una risata come movente di un delitto</em>". Questo è dovuto grazie a un percorso rigorosamente controllato nella formazione del romanzo che "<em>corrisponde perfettamente alla costruzione intellettuale di sé: dunque suona autentico, senza forzatura</em>". Lo stesso Eco, in un'intervista concessa tempo fa al medesimo quotidiano, ha affermato che "<em>oggi diventa popolare un libro difficile perché sta nascendo una generazione di lettori che desidera essere sfidata</em>" e che "<em>il libro è molto più intelligente del suo autore. Il lettore può trovare riferimenti cui l'autore non aveva pensato. Non credo di avere il diritto di impedire di trarre certe conclusioni. Ma ho il diritto di ostacolare che se ne traggano altre</em>". Ed è a questo concetto che lui ha lavorato fin dal suo primo saggio dirompente, "<em>Opera Aperta</em>", del 1962, appunto dedicato a dimostrare che tutte le opere sono “aperte” a tante interpretazioni quanti sono gli interpretanti, anche se tale operazione ha, comunque, dei limiti che coincidono con i diritti del testo e della sua strategia comunicativa il cui scopo è aiutare il lettore a compiere una serie di operazioni per comprendere, in maniera fondata, il significato del testo stesso; "<em>questo non significa che su un testo si possa fare una e una sola congettura interpretativa. In principio se ne possono fare infinite. Ma alla fine le congetture andranno provate sulla coerenza del testo e la coerenza testuale non potrà che disapprovare certe congetture avventate</em>" ("<em>I limiti dell'interpretazione</em>", p. 34). In ogni caso, un testo, per sua natura, è sempre incompleto e contiene zone d’ombra e spazi vuoti che rimangono tali se il lettore non interviene direttamente per riempirli, attingendo dalla sua enciclopedia personale, cioè dal suo bagaglio culturale e dall'esperienza che egli ha di altri testi; in estrema sintesi, il lettore riempie un'opera se inizia a "cooperare" con l’autore affinché la comunicazione testuale giunga a buon fine. Questo è il ruolo, il compito e l'onere del "Lettore modello". Dice Eco: "<em>Il lettore modello non figura solo come qualcuno che coopera e interagisce col testo: in misura - e in un certo senso minore - nasce col testo, rappresenta il nerbo della sua strategia interpretativa. Pertanto la competenza dei Lettori Modello è determinata dal tipo di imprint genetico che il testo ha loro trasmesso...Creati col testo, imprigionati in esso, essi godono tanta libertà quanta il testo loro concede [...] In tal senso parlerò di lettore modello non solo per testi aperti a molteplici punti di vista, ma anche per quelli che prevedono un lettore testardo e obbediente; in altre parole, non esiste solo un lettore modello per il "Finnegans Wake" ma anche per l'orario ferroviario, e il testo si aspetta da ciascuno di costoro un diverso tipo di cooperazione</em>" ("<em>Sei passeggiate nei boschi narrativi</em>", p. 20-21). Tra le pieghe di questo stretto e intenso rapporto tra lettore e autore, si nasconde una regola tacita, una sorta di "patto finzionale" grazie al quale il lettore, parafrasando Coleridge, si predispone a sospendere la propria incredulità, si convince che la storia raccontata è immaginaria, ma non è una menzogna, e fa finta di considerare realmente accaduto il fatto narrato e i luoghi in esso descritti. Quando ciò si realizza, la cooperazione interpretativa sale di livello e il godimento del testo è completo.<br />
<br />
Di seguito, trascrivo un passo esemplificativo sui luoghi e sulle verità letterarie. "<em>Questi luoghi non eccitano la nostra credulità perché, per il contratto finzionale che ci lega alle parole dell'autore, pur sapendo che non esistono, facciamo finta che siano esistiti - e partecipiamo da complici al gioco che ci viene proposto. Sappiamo benissimo che esiste un mondo reale, in cui è avvenuta la seconda guerra mondiale o gli uomini sono andati sulla luna, e che esistono poi i mondi possibili della nostra immaginazione, in cui sono esistiti Maigret e Madame Bovary. Una volta che, aderendo al contratto finzionale, abbiamo deciso di prendere sul serio un mondo possibile narrativo, dobbiamo ammettere che Biancaneve è stata risvegliata dal suo letargo da un principe Azzurro, che Maigret abita a Parigi in Boulevard Richard-Lenoir, che Harry Potter ha studiato da mago a Hogwarts, che Madame Bovary si è avvelenata. E chi affermasse che Biancaneve non si è mai più risvegliata dal suo sonno, Maigret abita in Boulevard de la Poisonnière, Harry Potter ha studiato a Cambridge e Madame Bovary è stata salvata in extermis con un contravveleno dal marito, susciterebbe il nostro dissenso (e magari verrebbe bocciato a un esame di letteratura comparata) [...] La verità della finzione romanzesca supera la credenza sulla verità o falsità dei fatti narrati [...] In questo nostro universo ricco di errori e di leggende, di dati storici e di false notizie, una cosa è assolutamente vera se lo è tanto quanto il fatto che Superman è Clark Kent. Tutto il resto può essere sempre rimesso in discussione</em>" ("<em>Storia delle terre e dei luoghi leggendari</em>", p. 436-437, 440, 441). </div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
In conclusione, e per amor di verità, posto di seguito il video completo della famosa frase sulle "legioni di imbecilli" che in tanti di questi ha provocato reazioni sdegnate e saccenti (a costoro consiglio di leggere "<em>Apocalittici e integrati</em>" e molte delle sue bustine come utile strumento per comprendere le dinamiche degli utenti social) richiamandoli a porre attenzione a tutto il contesto del discorso, evitando generalizzazioni. E per questo è bene chiarire che Umberto Eco non è mai stato contro il web in generale, ma ci ha sempre esortati a confrontare e verificare le fonti contro la superficialità dilagante del titolo e delle prime righe, oltre a segnalarci il rischio dell'ipertrofia della memoria, come ha scritto nella sua celebre e toccante <a href="http://espresso.repubblica.it/visioni/2014/01/03/news/umberto-eco-caro-nipote-studia-a-memoria-1.147715" target="_blank">lettera al nipote</a>. In buona sostanza, come ha ben spiegato il semiologo Paolo Fabbri nella trasmissione andata in onda il 23 febbraio scorso su RAI 5, "<em>Eco era uomo dello humor (e non dell'ironia) e derideva le conseguenze. Il discorso degli imbecilli era la derisione delle conseguenze di Internet. Lui stava deridendo le conseguenze del fatto che tutti hanno accesso e possono dire tutto senza rispettare la gerarchie dei livelli del discorso</em>".<br />
<br />
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="270" src="https://www.youtube.com/embed/u10XGPuO3C4" width="480"></iframe></div>
<br />Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-41408673733917028992014-01-14T17:10:00.001+01:002016-02-11T18:32:30.768+01:00La forza del capitale umano<div style="text-align: justify;">
<o:p>"La ricchezza delle nazioni non dipende più dalle materie prime. O dal capitale fisico. Sta invece nel capitale umano" (Goldin, C., Katz, L.F., <em>Race between Education and Technology</em>, Belknap Press of Harvard University Press, 2010). Citazione desunta dall'ultimo libro di Beppe Severgnini, "Italiani di domani. 8 porte sul futuro" (RCS Libri, 2012, p. 47).</o:p></div>
<div style="text-align: justify;">
<o:p></o:p> </div>
<div style="text-align: justify;">
E ancora, Jared Diamond, nel suo ormai celeberrimo saggio "Armi, acciaio e malattie" (<a href="http://www.einaudi.it/libri/libro/jared-diamond/armi-acciaio-e-malattie-nuova-edizione-accresciuta/978880618354" target="_blank">Einaudi, 2006</a>), sostiene che il successo delle civiltà europee (almeno dal XVI alla prima metà del XX secolo) e della cultura occidentale in generale non è dovuto ad una presunta superiorità intellettuale o biologica, bensì a una serie di congiunture favorevoli, geografiche e ambientali, che hanno favorito lo sviluppo dell'agricoltura e la domesticazione degli animali, con la conseguente comparsa degli strumenti con i quali hanno "conquistato il mondo", appunto armi, acciaio e malattie. Pertanto, non esistono e mai sono esistite differenze intellettive tra i popoli della Terra, visto che probabilmente, a condizioni invertite, sarebbe stato Montezuma a sbarcare in Europa con navi oceaniche e a soggiogare l'impero di Carlo V di Spagna.</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
Il recente rapporto McKinsey, poi, condotto su otto Paesi Ue, ("<em><a href="http://mckinseyonsociety.com/education-to-employment/europe-report/" target="_blank">Education to Employment: Getting Europe’s Youth into Work</a></em>") contiene una serie di informazioni già note (si vedano alcune <a href="http://www.huffingtonpost.it/2013/12/19/istat-disoccupazione-giovanile-laureati_n_4471499.html" target="_blank">indagini ISTAT</a> o l'<a href="http://www.huffingtonpost.it/2013/10/19/ignazio-visco-bankitalia-italia-non-conviene-studiare_n_4126957.html" target="_blank">allarme di Visco</a>), ma anche una serie di novità (traduco citando l'articolo del "<a href="http://www.corriere.it/scuola/14_gennaio_14/i-giovani-italiani-che-ignorano-quello-che-serve-lavorare-f9e5ca0c-7cec-11e3-851f-140d47c8eb74.shtml" target="_blank">Corriere</a>"): "Il 47% dei datori di lavoro italiani riferiscono che le loro aziende sono danneggiate dalla loro incapacità di trovare i lavoratori giusti, e questa è la percentuale più alta fra tutti i Paesi esaminati", "Ci sono abbinamenti sbagliati, educatori e imprenditori non stanno comunicando fra loro".</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
Si tratta solo di alcuni degli spunti che mi hanno portato a riflettere su questo aspetto. Nel nostro Paese il capitale umano, al pari di termini come "competenza" e "formazione", sembra essere una espressione ottima da sventolare in occasioni importanti, mentre la Scuola un "contenitore" fatto di numeri (quanti insegnanti assumere o tagliare, quante scuole ristrutturare, quante LIM far acquistare, ecc.). Poca attenzione viene data al capitale umano che è presente nei nostri istituti che si occupano di istruzione e formazione. E non mi riferisco solo agli insegnanti, al personale amministrativo in generale, ai dirigenti, ma ai ragazzi. Non esistono commissioni, tavoli, comitati che riuniscano le migliori menti per affrontare il problema della crescita culturale, sociale e professionale dei "lavoratori di domani" (presenti e futuri). Il capitale umano è da sempre il cuore di una civiltà e i Paesi che hanno investito con prospettive "non politiche", cioè almeno a medio termine, stanno raccogliendo i frutti (penso a Cina, Giappone, India, ma anche a Stati Uniti e nazioni scandinave). In Italia non abbiamo ancora presente un concetto, banale si dirà, ma proprio per questo difficile da mettere in pratica: istruzione, formazione e lavoro sono tre lati di un'unica figura poliedrica che ha al centro l'apprendimento permanente. Come ho già scritto, gli esseri umani apprendono sempre, ovunque, con chiunque, e, in percentuale, sicuramente più spesso fuori dalle "istituzioni preposte" (al bar, in parrocchia, al lavoro, nel tempo libero, su Internet). Tutte queste "cose" che imparano si chiamano "competenze". Il termine ha come riferimento svariate scuole di pensiero, ma, a mio avviso, la definizione contenuta nella Raccomandazione del Parlamento europeo del Consiglio del 23 aprile 2008, sulla costituzione del <a href="http://europass.isfol.it/docs/RaccomandazioneEQF.pdf" target="_blank">Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente (EQF)</a>, è la più completa: "comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale". Progettare e insegnare per competenze non rientra nel <em>background</em> culturale del nostro Paese a differenza, per esempio, di quelli di matrice anglosassone. Nella scuola italiana, comunque, è ormai consolidata questa impostazione nella didattica delle lingue straniere, o glottodidattica, dal 2001, anno in cui è stato pubblicato e diffuso il "<a href="http://www.coe.int/t/dg4/linguistic/cadre1_en.asp" target="_blank"><em>Common European Framework of Reference for Languages</em>" (CEFR)</a>, anche se poco è cambiato nella realtà dei fatti e dell'aula (si programma con il "<em>Framework</em>", spesso si insegna con altro). E' necessario un radicale cambio di rotta a partire dalle Istituzioni. Il <a href="http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario;jsessionid=eDPv7uslHhLfYOzpG0CoTA__.ntc-as5-guri2b?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2013-02-15&atto.codiceRedazionale=13G00043&elenco30giorni=false" target="_blank">Decreto Legislativo n. 13 del 16/012013</a> ha segnato un primo passo dopo anni di discussione tra Ministeri e Regioni, ma molto è ancora da fare e molto, però, si sta facendo, anche se l'Amministrazione centrale pone freni e distinguo. Impostare il nostro sistema nazionale di istruzione e formazione sulle "competenze" significa partire dai "saperi" a tutto tondo, senza lasciare nulla per strada. Non solo quelli cosiddetti "tecnico-professionali", ma anche quelli di base (<a href="http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2006:394:0010:0018:IT:PDF" target="_blank">anche qui viene in aiuto l'Unione europea con le "<em>key competences</em>"</a>) e quelli acquisiti tutti i giorni, tutto l'anno. Il sistema dove tutti parlano uno stesso linguaggio e le Istituzioni (Scuola, Stato, Regioni e poi Centri per l'impiego, Organismi di Formazione, ecc.) "prendono in carico" il cittadino e il suo percorso di apprendimento dalla nascita fino a una "vecchiaia attiva". La forza del capitale umano sta proprio qui, nella possibilità di essere il vero e unico motore della ripresa del Paese: il cuore e il cervello di questa nostra nazione unica, imprevedibile, a volte maledetta, ma piena di risorse, spesso nascoste, che risiedono nei suoi abitanti, da nord a sud, nelle grandi città come nei piccoli centri.</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="userContent">Chiudo con una citazione di Alvin Toffler che, a mio parere, andrebbe messa in ogni Ufficio di Presidenti, Ministri, Assessori, Sindaci: "<span class="userContent">Gli analfabeti del XXI secolo non saranno quelli che non sapranno leggere e scrivere, ma quelli che non saranno in grado di imparare, disimparare e reimparare"</span> ("<em>The illiterate of the 21st century will not be those who cannot read and write, but those who cannot learn, unlearn, and relearn</em>", <em>The future shock</em>, 1970).</span></div>
<span class="userContent">
</span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span class="userContent"></span> </div>
Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-2361281130606712012013-02-22T16:15:00.002+01:002013-02-22T16:15:53.854+01:00Deliri al capolinea<div style="text-align: justify;">
Le norme ci sono e vanno rispettate e, quindi, questo post, che segue quello sul <a href="http://tecnodidatticamente.blogspot.it/2013/02/il-mito-del-rutto-libero-per.html" target="_blank">"Mito del rutto libero"</a>, esce entro le 23:59 del 22/02/2013, prima del silenzio elettorale. E' stata una campagna per molti versi noiosa e come sempre urlata, con tutti ad accusarsi a vicenda, che mi ha lasciato in bocca il sapore amaro di un'ennesima occasione sprecata. Di solito, l'elettore, per vari motivi, tende a dimenticare cosa è successo nelle settimane precedenti, per concentrarsi solo sugli ultimi giorni. Non dovrebbe essere così, ma tant'è succede da sempre.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questo post altro non è che un semplice riassunto dei "Delirium elettorali" (o pillole elettorali, se vi piace), anche per chi ne avesse perso qualcuno, che di volta in volta ho lasciato sul mio profilo Facebook, elencati così come sono stati scritti e corredati da qualche aggiustatina "discorsiva" e correzione di refusi e dalla data di pubblicazione. Una rassegna semi-seria delle amenità e degli atteggiamenti della nostra classe politica con un occhio alla sedia e un altro al piano B in caso di sconfitta. Se avrete voglia di leggerli, considerateli, quindi, una sorta di diario personale del sottoscritto per ripercorrere questi due mesi di campagna elettorale, ben sapendo che per conquistare gli scranni romani è lecita ogni strategia, anche contraddirsi e ri-contraddirsi, e che, in definitiva, 60 giorni sono tanti per ricordare nel dettaglio ciò che è successo. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Buon voto a tutti!</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#1 (29/12/2012)</u>. Monti sale in politica e Berlusconi scende in campo. Io me ne resto a casa, magari in bagno, a leggere un buon libro per nutrire la mente. Candidatissimi, fatelo anche voi poiché "fatti non foste per viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". Affannati.</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#2 (29/12/2012)</u>. Leggo di un "<em>endorsement </em>a Monti" da parte del Vaticano. Non conoscendo bene il senso della parola (mi vergogno a dirlo), ho pensato, sulle prime, a un qualche tipo di esame del retto. Poi con la traduzione ho capito. Effettivamente, scrivere "appoggio a Monti" avrebbe dato una sensazione anale più marcata. Forse "sostegno" andava meglio. Mattacchioni.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#3 (31/12/2012)</u>. Hogwarts, inizio torneo annuale di Quidditch: Grifondoro vs. Serpeverde. Berlusconi al fianco di Albus Silente dà il via alla manifestazione, minacciando inchieste contro Monti, Napolitano e spread. Dalle tribune partono decine di schiantesimi che lo mettono fuori combattimento fino ai primi di marzo. Drrriiiiiinnnnn: implacabie, suona la sveglia. Sogno.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#4 (02/01/2013)</u>. ADN Kronos. Berlusconi "Toglierò l'IMU". Da fonti vicine ad Arcore, pare che un solerte e fidato collaboratore del cavaliere lo abbia rassicurato che l'IMU altro non è che un indumento intimo femminile. Da ciò il suo accanimento. Viagra.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#5 (03/01/2013)</u>. Elezioni 2013: c'è l'agenda Monti, l'agenda Bersani-Vendola, l'agenda Grillo, l'agenda di Berlusconi (beh, in realtà quella contiene solo numeri di olgettine o aspiranti tali). A me serve un calendario da tavolo. Il mio voto a chi me ne procura uno. Anzi, se sono due, recupero anche il voto di mia moglie. Venghino, signori. Venghino! Baratto.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#6 (04/03/2013)</u>. Monti presenta il suo simbolo e la sua lista come se desse le condoglianze, Berlusconi farnetica su reati e par condicio, Bersani e Renzi gozzovigliano insieme, Casini e Fini si preparano a vendersi al miglior offerente, Montezemolo fa lo sciopero del caviale, Grillo continua a bagnare gli ascoltatori con ettolitri di saliva e, intanto, parte il nuovo redditometro. Scomparsi milioni di cetrioli dai fruttivendoli di tutta Italia alla ricerca di orifizi da occludere. Scommettiamo che saranno sempre i soliti? Così come i soliti noti la rifaranno franca? Vasellina.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#7 (05/01/2013)</u>. Avviso a tutti. Scoop del "Sole 24Ore". Uno dei <em>tool </em>del nuovo redditometro si chiama "<em>Corpo sciolto checker</em>". Sarà installato nelle fogne di tutta Italia e avrà il compito di valutare le attività intestinali delle famiglie: in base alla quantità verrà stabilito, tramite un complesso algoritmo elaborato da Google, il reddito familiare e le spese per l'alimentazione. Stitici e colitici dovranno produrre adeguato certificato medico per l'analisi dei dati. Sciacquoni.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#8 (06/01/2013)</u>. Stamattina alle 12 al gazebo del movimento di Grillo al Parco di Poggio Tre Galli c'erano tre persone: un oratore appassionato, un ascoltatore inebetito e un signore attento .... al telefonino. A me, comunque, l'unico che mi fa vibrare è il negozio di gastronomia "5 stelle" da cui mi servo e le sue ottime mozzarelle di Ruoti. Deserto.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#9 (11/01/2013)</u>. Concordo con Aldo Grasso, con un'aggiunta. Santoro e Travaglio hanno aspettato più di dieci anni, ma si sono fatti fregare dal caimano che li ha portati sul suo terreno di scontro preferito: la rissa da bar o se preferite l'atmosfera populistica di Uomini e donne o di Barbara d'Urso. Cartucce bagnate.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#10 (11/01/2013)</u>. Stride impietosamente la differenza tra l'insulso spettacolo di ieri sera (Berlusconi da Santoro) e l'enormità del talento di Mariangela Melato che abbiamo perso. Doppia tristezza.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#11 (11/01/2013)</u>. Moggi pare si voglia candidare con una lista collegata al PdL: allora calciopoli era tutto vero. Ha scelto il cuore dirà, già con i Berluscones corrotti e corruttori è proprio a casa sua. Resuscitato (aggiornamento: pare non si sia candidato, meno male).</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#12 (14/01/2013)</u>. ANSA. Berlusconi: "Non vado nelle piazze. Ne va della mia incolumità". Notizia fondata secondo il SISDE. Pare che il direttivo del "M5T" (Movimento 5000 Tartaglia) abbia fornito i suoi membri di statuette del Duomo di Milano con guglie affilatissime per portare a termine il lavoro iniziato dal fondatore. Assediato.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#13 (15/01/2013)</u>. Di Pietro in TV mi fa molta tenerezza. Ha la faccia di chi, come si dice dalle mie parti, "ha fatt la fin d'i bott'amur". Grillo, dal canto suo, fa i dispettucci al "traditore" Favia, mostrando all'Italia la sua vera natura di leaderuccio tiranno stile presidente di uno stato africano, nonostante blateri di trasparenza e Internet (ve lo ricorsdate quando sfasciava i PC in pubblico, proprio su Sky, allora Tele+?). Mi verrebbe da dirgli: "Te la do io la democrazia". Ruzzoloni.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#14 (16/01/2013)</u>. Il pifferaio (berlusca) e il vampiro (Monti) si rimpallano IMU e redditometro, scaricandosi il barile della responsabilità. "Queste due tasse senza padri (orfane)" (cfr. "Corriere della Sera") rischiano di far diventare l'ortaggio (cetriolo) oltre che nodoso anche bollente. Gli orifizi dei contendenti attendono trepidanti. Tappabuchi.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#15 (16/01/2013)</u>. Suggerisco di assistere a una seduta del Consiglio Regionale della Basilicata, in presenza, in streaming o in differita, fa lo stesso, come allenamento preventivo per il cervello. Tra frizzi e lazzi, schiamazzi e sollazzi, battute ed espressioni dialettali, consonanti libertine e vocali bohémien, trionfa l'intercalare. Il più usato? "Diciamo" (attenzione a forzare la "D" nella pronuncia). Da far vedere nelle scuole per insegnare ai ragazzi a come non mortificare la nostra bella lingua italiana. Sfigati.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#16 (18/01/2013)</u>. Maroni: "Il 75% delle tasse al nord". Sommessamente, rispondo: "Il 75% dello stipendio dei barbari in verde seduti sugli scranni romani fatevelo pagare dai cittadini padani". Poi voglio vedere se alla cerimonia dell’ampolla vengono i gitaioli della domenica o contadini del varesotto o del bresciano armati di forconi per prendere Maroni &C. a calci nel sedere. Pistola.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#17 (19/01/2013)</u>. Anni fa, in un suo film, Moretti implorava D'Alema pressappoco così: "Dì qualcosa di sinistra". Modestamente mi permetto di suggerire a Bersani-Gargamella (il soprannome è di Grillo, l'unica cosa decente detta che, guarda caso, è una battuta da comico): "Ridi un pò di più, spogliati dell'atavico pessimismo degli intelletuali sinistroidi e cerca di trasmettere speranza per il futuro". Ah, quanto mi piacerebbe che dicesse qualcosa con la stessa forza evocativa di "<em>Yes, we can</em>". Musone.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#18 (20/01/2013)</u>. Grillo, tra un bercio, uno sputo e un vaffa, urla di voler eliminare i sindacati. In linea teorica sarei pure d'accordo, visto che, soprattutto nel pubblico, tendono a difendere interessi corporativi fino al privato. Ma vedo due problemi: 1. chi difende i lavoratori dagli emuli di Marchionne? 2. molti comandati, poveretti, saranno costretti a lavorare, tornando ai loro impieghi. Ducetto.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#19 (20/01/2013)</u>. Ma li avete visti i candidati del montato Monti alla convention di Bergamo? Sembrano usciti da un salotto buono di Via Montenapoleone. Ma se protestano questi cosa lanciano? Tartine con caviale e bulloni di Ferrari e Lamborghini? Fricchettoni. </div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#20 (21/01/2013)</u>. Avverto sempre un senso di malessere quando un movimento politico si richiama a una "rivoluzione", anche se civile, a metafore militari (vero Monti?) o a cataclismi naturali (sarebbe stato meglio che il comico-politico non avesse usato il termine "tsunami", visto che nel 2004 hanno perso la vita 250 mila persone). La storia ci insegna che, spesso, le rivoluzioni (o come le volete chiamare) si sono trasformate in quello che volevano combattere. Non è tutto da buttare in questo nostro Paese e tagliare la testa al re non è mai stata la soluzione migliore. Ghigliottinari.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#21 (22/01/2013)</u>. Psicodramma per lo psiconano. Il PDL tenta disperatamente di sbiancare l'anima nera del partito, non candidando Cosentino e Dell'Utri (che giurano vendetta). Ora aspettiamo la caduta del lifting plastificato di Berlusconi per vedere la sua vera faccia. Rifatto.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#22 (22/01/2013)</u>. Sapete chi sono i "Manifestzkul"? Una delle razze del mondo tolkeiniano. Eh, sì. Assieme a hobbit, nani, uomini, elfi, orchi e mannari ci sono anche loro. Sono i geni che inventano gli slogan elettorali sui manifesti 3x6. Propongo una ricerca neuroantropologica per indagare sulle loro sinapsi e scoprire come fanno a inventare frasi idiote, ridicole, grottesche, soprattutto per quelle facce insulse che intendono promuovere. Mi verrebbe da dire in dialetto brianzolo: "Mi pigghiat p'u cul"? Taroccati.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#22bis (22/01/2013)</u>. A proposito, sui muri della nostra città (Potenza) campeggiano manifesti inquietanti di un movimento denominato MIR (come la stazione spaziale russa) con in primissimo piano la faccia di uno che assomiglia a Putin. Ma non è che hanno sbagliato elezioni? Quelle per la Duma saranno nel 2015. Disorientati.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#20bis (23/01/2013)</u>. Torno indietro perché è un tema che mi tocca. Monti evidentemente fa il furbastro. Cita ogni tanto il termine rivoluzione. Questa volta associato a "liberale". Sento puzza di zolfo. Anzi, puzza di rancido. E' il tanfo delle conquiste sociali, su sanità, pensioni, disoccupati, lavoro, inclusione, che lui spera di far marcire in maniera indefinita. La Bocconi, signori, non è Alessandria d'Egitto e i suoi figli non sono portatori sani del vangelo universale. Mistificatore.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#23 (25/01/2013)</u>. Nella vicenda Monte dei Paschi c'è qualcosa che non quadra. Il PD dovrà spiegare se vuole governare il Paese. Monti fa il Berlusconi. Strizza l'occhio prima a uno e poi all'altro. Bacchetta uno e l'altro. Insomma si vende. O tenta di farlo. Ma mi domando: nei 13 mesi di Governo, oltre a mungere i molti (lasciando ingrassare i pochi), aveva gli occhi e le orecchie foderati di prosciutto? Verità.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#24 (26/01/2013)</u>. Se è vero che una parte del gettito dell'IMU (sangue degli italiani) è finita al MPS, a chi ha fatto questa pensata e a chi ne ha tratto giovamento auguro, usando una colorita espressione delle mie parti, "Ve l'avira spenn r medicin". A proposito, mia figlia quando vede Berlusconi esclama "cuto" (che sta per "cornuto"). Soddisfazioni.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#24bis (27/01/2013)</u>. Nel giorno in cui viene certificata la demenza senile di Berlusconi, ricordiamo tutti i genocidi: ebrei, armeni e zingari, Rwanda e Burundi, cambogiani sotto i kmer rossi, birmani, cinesi vittime delle epurazioni di Mao, cileni e argentini sotto le dittature fasciste, e ancora Sudan, Somalia, Medio Oriente, Iraq, Afganistan e tutte le vittime dei conflitti dimenticati nel mondo. Quando caino uccide Abele è sempre male. Quando lo fa per politica, petrolio o altre ragioni, fosse anche uno solo, è genocidio. Orrori che non devono più ripetersi. Preghiere.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#25 (02/02/2013)</u>. Come vorrei che la campagna elettorale fosse già finita e si andasse a votare domani. Usando una tipica espressione ligure: "Nun i pozz vrè cchù" (per i non indigeni: "Non li posso più vedere"). Stufato.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#26 (03/02/2013)</u>. Avviso agli sciatori (dato il clima qui fuori) e non ai naviganti. Se il CS vuole perdere deve farsi trascinare nel clima da bettola di Caracas del Caimano. Se il CS vuole vincere lo deve ignorare e parlare alla gente e fra la gente di programmi e idee (in TV o in piazza, non importa). Sveglia.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#27 (03/02/2013)</u>. Monti oggi: “Gli italiani hanno buona memoria”. Già, Chiar.mo Prof., per questo le ricordo che lei il 23/12/2012 (Conferenza di fine anno) diceva “Se si abolisce l’IMU, l'anno dopo bisogna riproporla due volte più dura”; mentre il 29/01/2013 (piena campagna elettorale) “L'IMU detrazione da 200 a 400 euro; detrazioni per figli a carico fino a 800 euro. Questa riforma dell'IMU renderà l'imposta più equa e più progressiva”. Io me lo segno. Fosforo.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#28 (04/02/2013)</u>. Lo so che bisogna ignorarlo (l'ho pure scritto), ma questa merita. Invece di condono tombale io auspico una pietra tombale, ma sulla sua ex pelata. E questo nonostante sia arrivato Super Mario al Milan. Zombie.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#29 (04/02/2013)</u>. Fiat: stipendio, ma niente lavoro per i 19 operai Fiom di Pomigliano. Questa è l'Italia di Monti, Marchionne, Montezemolo, Casini e Fini? A me non piace per niente. Supercazzola.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#30 (08/02/2013)</u>. Non mi piace quando i mercati e la finanza devono condizionare le decisioni di un Governo, democraticamente eletto, di uno Stato sovrano; non mi piace pensare al mio Paese governato da giullari e buffoni (sia quelli che berciano e sputano in piazza, sia quelli che fanno le imitazioni alle convention); non mi piace quando i magistrati lasciano la toga ed entrano in politica, per me sono disertori; non mi piace se toccano scuola, lavoro, pensioni, sanità e, con la scusa del rigore, smantellano lo stato sociale costato sangue e sudore ai nostri padri; non mi piace quando la sinistra si professa tale, ma sotto sotto la pensa come la destra. Malinconia.</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}" style="text-align: justify;">
<u>Delirium elettorale#31 (15/02/2013)</u>. Un consiglio spassionato al candidato premier del centro - sinistra. Caro Bersani, anche se sei sfigato, come dice Crozza, credo tu sia una persona affidabile. Quando, però, pianifichi le candidature, fai attenzione alle persone a cui decidi di far rappresentare te e il tuo partito nelle varie realtà regionali italiane. Distratto.<br />
<br />
<span class="userContent"><u>Delirium elettorale#32 (17/02/2013)</u>. Il Grillo urlante, dopo aver scacciato in malo modo un giornalista di Rai Tre, rifiuta, papescamente, di andare in TV. "La politica si fa nelle piazze", dice con piglio militaresco. Brutte cose la democrazia, le domande e il contraddittorio, eh Peppino? Meglio sbavare con lunghi monologhi. E' più comodo, vero? Fifone.</span><br />
<span class="userContent"></span><br />
<span class="userContent"><u>Delirium elettorale#33 (19/02/2013)</u>. Berlusconi al Corriere della Sera: "Se c'è un politico credibile in questo Paese questo sono io: ho sempre mantenuto le promesse fatte ai cittadini". Nessun commento. Barzellettiere.</span><br />
<span class="userContent"><span class="userContent"></span></span><br />
<span class="userContent"><span class="userContent"><u>Delirium elettorale#34 (21/02/2013)</u>. Sono contento per due motivi: 1 - è giovedì e il weekend si avvicina; 2 - è giovedì e domani sarà l'ultimo giorno di campagna elettorale. Urla, schiamazzi, berci, supidaggini, prese per il c..o (vogliamo parlare dell'ultima trovata satanica del nano per ingannare soprattutto le persone anziane?), rivoluzioni, tsunami e minchiate varie volgono al termine. Da lunedì pensiamo all'Italia, chiunque ci sarà. Sollevato.</span></span><br />
<br />
<span class="userContent"></span><br />
<span class="userContent"><div class="text_exposed_root text_exposed" id="id_51278041da39c0f99165962">
<u>Delirium elettorale#35 (21/02/2013)</u>. Ultimo delirio. Dedicato, con tanto di video, a tutti i mestieranti della politica, agli urlatori e populisti che predicano macerie e distruzione, ai nani ingannatori e fancazzi<span class="text_exposed_show">sti, ai riciclati, trombati e faccendieri speranzosi di un posto al sole, ai banchieri e alla finanza che vogliamo fuori dal Governo e dal Parlamento e a tutti quelli che con il nostro sangue e i nostri sacrifici hanno ingrassato le loro tasche dal dopoguerra ad oggi. Passato (la dedica è <a href="http://www.youtube.com/watch?v=uahU5m6Hvj4" target="_blank">un brevissimo pezzo del film "Il Marchese del Grillo"</a>).</span></div>
</span><br /></div>
Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-82381675526022410302013-02-10T12:37:00.002+01:002013-02-15T16:42:13.212+01:00Il mito del "rutto libero": per un'antropologia della politica<div style="text-align: justify;">
Prendo spunto da un post di qualche tempo fa di Ernesto Belisario e Stefano Epifani, intitolato "<a href="http://thenextgov.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/11/21/i-sudditi-si-lamentano-i-cittadini-partecipano/" target="_blank">I sudditi si lamentano, i cittadini partecipano</a>". Da qui inizio per dire che mi sento cittadino e voglio partecipare. A modo mio, s'intende. <br />
<br />
Il titolo del post, che rientra nelle "amenità" di questo blog, non vuole rappresentare un'offesa nei confronti di chi legge. Quindi, sgombro subito il campo. E' una specie di similitudine, diciamo così. Per intenditori. Si tratta di un riferimento al film "<a href="http://it.wikiquote.org/wiki/Il_secondo_tragico_Fantozzi" target="_blank">Il secondo tragico Fantozzi</a>" del 1976 (quello della mitica sequenza de "La Corazzata <span dir="auto">Potëmkin", per capirci), in cui il nostro è pronto alla partita Inghilterra - Italia con un programma formidabile: "calze, mutande, vestaglione di flanella, tavolinetto di fronte al televisore, frittatona di cipolle per la quale andava pazzo, familiare di Peroni gelata, tifo indiavolato, rutto libero!". La tragica e inaspettata telefonata di Filini vanifica tutto. Il paragone ardito inzia dalla fine della sequenza: dopo una frittata di cipolle e una birra fredda, il "rutto libero" è una imprescindibile necessità fisiologica, così come la politica lo è per i popoli.</span><br />
<br />
Siamo in piena bagarre elettorale. C'è eccitazione e, a ragion veduta, voglia di stupire l'elettore. I leader sembrano commercianti intenti a lucidare e mettere in bella mostra le mercanzie, anche se si tratta di collezioni di dieci anni addietro. Gli scranni parlamentari sono ambiti, molto ambiti. Le proposte sono continue, tamburellanti. Gli indecisi ondeggiano come banchi di sardine, mentre gli squali aspettano per banchettare. Tutto mi fa pensare ancora a Fantozzi e, in particolare, a <a href="http://www.youtube.com/watch?v=blgFR9SvHhA" target="_blank">uno dei suoi film in cui il protagonista si prepara al voto</a>. La sequenza si conclude, imprevedibilmente, con il rumore dello sciacquone del bagno nel seggio elettorale. <br />
<br />
<span dir="auto"><span dir="auto">Edward H. Carr nelle sue "Sei lezioni sulla storia" (1961) scrive "Il passato è comprensibile per noi soltanto alla luce del presente, e possiamo comprendere il presente unicamente alla luce del passato" e poi che "la storia è un dialogo senza fine tra il presente e il passato". Appunto, la questione, a mio avviso, è che <span dir="auto">il politico, di professione o no, vive nel presente, non studia il passato, non si preoccupa del futuro. Il politico non concepisce, non conosce, non ama la parola "programmazione". Egli venera un altro lemma, un verbo, "foraggiare". Per esempio, scorrendo </span></span></span><span dir="auto">le news pubblicate su "<a href="http://www.basilicatanet.it/basilicatanet/site/Basilicatanet/home.jsp" target="_blank">Basilicatanet</a>", con al fianco una cartina della regione, anche il contadino del varesotto potrebbe facilmente intuire i feudi elettorali dei politici locali (compresi quelli alloggiati temporaneamente a Roma). Non è uno scoop, ma una constatazione geo-socio-politica che, credo, si ripete un pò dappertutto sul suolo italico.</span><br />
<br />
La politica italiana è uno sport molto ben praticato. E' il secondo dopo il calcio. Ci sono professionisti navigati, dilettanti allo sbaraglio, volponi nelle retrovie, faccendieri perennemente affaccendati. Il personaggio che rispecchia maggiormente l'archetipo del politico peninsulare è Bertoldo che Severgnini così descrive nel suo "La testa degli italiani" (2005): "il contadino che s'atteggiava a difensore dell'esperienza contro l'istruzione, dell'improvvisazione contro la preparazione (...); rappresenta l'orgoglio della furbizia impunita, ed è ancora tra noi. Qualche volta si fa chiamare assessore o diventa direttore di qualcosa; quasi sempre porta la giacca e guida una bella automobile. Cambia regione, lavoro, partito: non cambia abitudini. E' affascinante e tragico, come tante maschere italiane". A me piacerebbe, invece, pensare a un Paese dove i Bertoldo piano piano scompaiono per essere relegati ad archeologia umana. Un paese dove la politica è una cosa maledettamente seria che non lascia spazio all'improvvisazione. Citando Gaber, mi piacerebbe pensare alla politica come "partecipazione", ma non come la intendono quelli che, con malcelata malinconia, affermano "Mi sono messo in politica per aiutare mio figlio" oppure "Sto dietro a un politico chissà esce qualcosa per me", o come la intendono i professionisti del genere quando usano con disinvoltura la cosa pubblica per soddisfare il proprio elettorato, a livello locale e nazionale. Partecipare, a mio modo di vedere, vuol dire confrontare, approfondire, studiare soluzioni adatte a garantire il bene comune. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
Obama, nel suo <a href="http://www.youtube.com/watch?v=zncqb-n3zMo" target="_blank">discorso di insediamento</a>, si è rifatto al passato, alle bellissime parole della <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/United_States_Declaration_of_Independence" target="_blank">Dichiarazione di Indipendenza</a> (il passo che amo di più è: "<span style="font-family: Times-New-Roman;">tutti gli uomini sono creati eguali; essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati</span>"). A me basterebbe che il mio Paese, come direbbe Benigni, si aggrappasse, in questo momento, al prodotto più alto del suo intelletto: la Costituzione. Il luogo dove ogni domanda trova la giusta risposta. Art. 2, "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale"; Art. 3 "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese"; Art. 4 "Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società".<br />
<br />
Non sono d'accordo, poi, con quelli che dicono: "Per protesta, non vado a votare". No, è una protesta stupida e puerile. Il voto è una conquista democratica ottenuta con il sudore e con il sangue di centinaia se non di migliaia di persone e per questo va messo in cima alla lista delle cose da fare. Sempre. Votare è esercitare, a pieno titolo, il diritto/dovere a una cittadinanza attiva e partecipata. La politica ideale per il mio paese riparte, banalmente direbbe qualcuno, da istruzione e formazione, lavoro, salute, ricerca, ambiente e cultura (nel senso più ampio del termine). La politica ideale per il mio paese non ha paura del futuro, perché conosce il suo passato e comprende il suo presente. La politica ideale per il mio paese è democratica, partecipata, consapevole ed entusiasta. La politica ideale per il mio paese costruisce l'avvenire sull'economia sociale e sul capitale umano. La politica ideale per il mio paese è fatta da persone che svolgono, secondo le proprie possibilità e le proprie scelte, attività o funzioni che concorrono al progresso materiale o spirituale della società. La politica ideale per il mio paese dovrebbe ripartire da qui.</div>
Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-40476636523631091722013-02-04T16:28:00.002+01:002013-02-04T16:28:16.863+01:00I nativi digitali non esistono<div style="text-align: justify;">
Roberto Casati nel suo pezzo dello scorso dicembre ha usato un'espressione più colorita, parlando di <a href="http://www.sbi.nordovest.bg.it/dettagliNews.php?newsID=586&systemID=4" target="_blank">balla dei nativi digitali</a>. Sommessamente, dico di essere d'accordo. E lo ripeto: i nativi digitali non esistono. In un altro <a href="http://tecnodidatticamente.blogspot.it/2012/03/il-miracolo-delle-tecnologie_07.html" target="_blank">post</a> specificavo come lo stesso Prensky, l'ormai noto autore dell'articolo che teorizzava la differenza tra nativi e immigrati digitali, ha ritrattato, o meglio specificato, questa sua definizione, introducendo il concetto di saggezza digitale (<em>digital wisdom</em>). Anch'io, un paio di anni fa, mi feci trascinare dall'emozione. Il lavoro sul campo con i docenti mi ha chiarito le idee.<br />
<br />
La questione qui è molto semplice. Tutti i bambini e ragazzi nati nell'era di Internet non sono, diciamo così, geneticamente predisposti e non hanno ricevuto una colomba dal Cielo - sotto forma di tweet, magari. Mia figlia maneggia telecomandi, tastiere e cellulari solo perché ne è circondata. Se la mia famiglia vivesse sull'isola di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Chilo%C3%A9" target="_blank">Chiloé</a>, probabilmente sarebbe abilissima con le reti da pesca. E' il contesto il motore delle abilità, non l'innata predisposizione. Non ci sono controprove del fatto che un australopiteco o un neandertaliano, dopo un pò di pratica, non sarebbero stati in grado di far scorrere le foto, con le dita, sul display di uno smartphone <em>touch screen</em>. Non dimentichiamo che si tratta di individui che, dal nulla, hanno creato il fuoco, il bronzo, il ferro, la ruota. I ragazzi post 2000 non sono nativi digitali, come i nostri antenati rinascimentali non erano "nativi di stampa" (grazie a Gutenberg), o quelli della mia generazione "nativi televisivi". Se con queste espressioni si intende inquadrare storicamente alcune delle generazioni umane, allora potrebbero essere assimilate agli "ismi" della storia o critica letteraria. Se invece si vuole categorizzare ambiti cognitivi, si rischia di finire maldestramente fuori strada. <br />
<br />
La storia delle tecnologie educative è stata già descritta ampiamente in letteratura e non è questo il luogo deputato a rifare la cronologia. Dai libri di testo / fotocopie, al magnetofono; dalle audiocassette, alle videocassette; dai DVD / Blu-ray Disk, a Internet (intesa nel suo complesso di <em>web tool</em>); dai PC, ai tablet e smartphone, la questione delle tecnologie eucative, come spesso viene detto, ma altrettanto spesso ignorato, è che vanno contestualizzate come strumenti di supporto alla didattica e all'apprendimento e, soprattutto, che non sono buone o cattive (il tablet, piuttosto che le fotocopie) a prescindere, direbbe Totò, magari sull'onda emotiva del momento. I giudizi vanno calibrati in base all'uso che se ne fa, sia dal lato istituzioni (Governo e Regioni, scuole e università, dirigenti scolastici, professori, insegnanti ed educatori), sia dal lato cittadino (famiglie, studenti / alunni / allievi). In questi ultimi anni, soprattutto da parte delle istituzioni, si è fatta molta demagogia spicciola, mentre la ricerca seria è affidata ad alcuni pionieri che tentano di affrontare il tema in maniera scientifica, ma ahimé sono poco ascoltati o letti. Molti altri, invece, in maniera superficiale (o furbesca?), sembrano cavalcare l'onda per meri scopi personali. E' noto, inoltre, che la politica vive di passioni effimere e di impatti immediati per immediate esigenze (ma di questo parlerò diffusamente in un prossimo post) e l'uso delle tecnologie a scuola è diventata, da qualche anno, una bandiera da ammainare o sventolare a seconda dei tempi e degli umori; mentre i nativi digitali, l'ariete per sfondare le eventuali resistenze e giustificare le azioni in campo (parafrasando <a href="http://www.giannimarconato.it/2013/02/perche-con-i-corsi-sulle-tecnologie-non-si-innova-la-didattica/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+blogspot%2FSqMG+%28Apprendere+%28con+e+senza+le+tecnologie%29%29" target="_blank">Gianni Marconato</a>, si potrebbe dire il "cavallo di Troia del neoacheismo tecnologico").<br />
<br />
L'ho già scritto (nella tesi di dottorato e in altri post) e lo ripeto spesso a colleghi e amici: non basta riempire le scuole di tecnologie (in questo caso digitali) per poter migliorare l'apprendimento. Nel post precedente, ho citato alcuni articoli in cui questo aspetto appare di tutta evidenza. Decine di tablet in un laboratorio informatico e digitale, LIM o altri strumenti senza un'adeguata teoria e pratica pedagogica alle spalle sono gusci vuoti, effimere passioni cognitive in grado solo di "fare rumore" sul tema: distribuire qualche premio, permettere a qualche giornalista di scrivere articoli o a qualche affarista di pubblicare e vendere libri, gratificare insegnanti e alunni (e dirigenti scolastici) assieme a qualche sindaco e politico locale (o nazionale a seconda della portata dell'evento) e nulla più. Su questo poi cala silenziosa e maligna la nebbia del <em>digital divide</em>, contro cui l'Europa è impegnata, mentre l'Italia nicchia (basta ricordare le difficoltà di molte famiglie nell'iscrizione online di quest'anno). Un popolo di connessi non è sempre un bene per l'<em>establishment</em>. La Basilicata, nello specifico, è un esempio di questo annoso, quanto mai attuale problema. Se si pensa, inoltre, che oggi la politica corre molto sul web, mentre i dati di accesso non sono confortanti, si capisce come una buona fetta di popolazione non riesca a usufruire del diritto democratico alla piena informazione. <br />
<br />
La mia richiesta al prossimo Governo è questa: mettiamo insieme le migliori menti italiane nel campo della pedagogia, delle tecnologie educative (digitali e non) e delle singole discipline scolastiche, e riscriviamo i programmi, pubblichiamo vademecum e linee guida, ristrutturiamo la formazione degli insegnanti, <a href="http://www.giannimarconato.it/2013/02/perche-con-i-corsi-sulle-tecnologie-non-si-innova-la-didattica/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+blogspot%2FSqMG+%28Apprendere+%28con+e+senza+le+tecnologie%29%29" target="_blank">mettendo in piedi processi (come dice Gianni Marconato)</a>, tenendo bene a mente che formatori ed educatori non adeguatamente stimolati, coinvolti e consapevoli possono incrinare il sistema, essendo loro il perno di tutta la giostra che pone l'allievo (di tutte le età), come cittadino e persona, al centro del mondo. Pensiamo a come realizzare, finalmente, le classi aperte nell'ottica europea del <em>lifelong learning </em>(vessilo delle strategie comunitarie in tema di apprendimento, ma ancora lungi dall'essere pienamente realizzato), anche e soprattutto come arma per combattere l'abbandono scolastico e con un occhio al lavoro. Apprendere è l'unico mestiere che non manda la persona in pensione. Mai. E' una meravigliosa avventura che si dipana ogni giorno, fuori e dentro l'aula, e accompagna ciascuno di noi per tutto il ciclo della vita (dicendola alla <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Arnold_van_Gennep" target="_blank">Van Gennep</a>, "dalla culla alla bara"). E' questo lo scenario a cui la scuola deve adeguarsi e non alle presunte abilità dei "nativi digitali" o alle mode tecnologiche del momento. Sarebbe un vero cambiamento epocale in termini di approccio alla questione. Questo mi aspetto per il mio paese. Il paese ideale in cui vorrei che mia figlia crescesse.</div>
Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-44314700286309519002013-01-03T17:08:00.003+01:002013-01-03T17:16:35.413+01:00Tecnologie educative: il dibattito continuaIl tema delle tecnologie educative vive a fiammate. Ci sono fasi in cui pare che la questione sia messa in naftalina. Poi, magari, qualche politico (di carriera o <a href="http://www.repubblica.it/scuola/2012/09/12/news/profumo_scuola_digitale_2012-42406146/" target="_blank">tecnico</a>) <a href="http://www.corriere.it/cronache/12_novembre_14/scuola-digitale-genova_3f638e52-2e65-11e2-9c24-e6f239e4fed7.shtml" target="_blank">la ributta lì</a>, tanto per vedere che effetto fa. A volte, invece, il dibattito rifiorisce improvvisamente, con voci conttrastanti. E questo è un bene.<br />
<br />
Di seguito un breve elenco dei post più interessanti sull'argomento, pubblicati nell'ultimo periodo (in ordine di lettura da parte del sottoscritto). <br />
<br />
- Marco Dominici e Salvatore Nascarella, <em><a href="http://leggoergosum.wordpress.com/2012/09/24/il-tablet-in-classe-non-fa-la-scuola-digitale/" target="_blank">Il tablet in classe non fa la scuola digitale</a></em> (via <a href="http://www.catepol.net/" target="_blank">Catepol</a>)<br />
<br />
- <span class="full-name"><span class="given-name">Ross</span> <span class="family-name">Wickens, <em><a href="http://mrwickenspe.wordpress.com/2012/05/22/innovative-ict-in-education-twitter/" target="_blank">Innovative ICT in Education: Twitter</a></em> (via <a href="http://websomethingelse.blogspot.it/2012/10/to-tweet-or-not-to-tweet-gli-insegnanti.html" target="_blank">Web 2.0 and something else</a>)</span></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<br />
- Antonio Tombolini, <em><a href="http://antoniotombolini.simplicissimus.it/2012/11/la-scuola-digitale-i-tempi-sono-maturi-perfino-in-italia.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+simplicissimus/AT+(Antonio+Tombolini's+blog)" target="_blank">La scuola digitale, i tempi sono maturi, perfino in Italia</a></em><br />
<br />
- Pier Cesare Rivoltella, <em><a href="http://piercesare.blogspot.it/2012/11/social-network-e-apprendimento-in-scuola.html?spref=fb" target="_blank">Social network e apprendimento in scuola</a></em><br />
<br />
- Gianluigi Cogo, <a href="http://webeconoscenza.net/2012/11/22/abbracciare-il-digitale/" target="_blank"><em>Abbracciare il digitale</em></a><br />
<br />
- Gianni Marconato, <a href="http://www.giannimarconato.it/2012/12/unagenda-per-la-scuola/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+blogspot/SqMG+(Apprendere+(con+e+senza+le+tecnologie))" target="_blank"><em>Un’Agenda per la scuola?</em></a><br />
<br />
- Gianni Marconato, <em><a href="http://www.giannimarconato.it/2012/12/un-insegnante-che-usa-la-lim-insegna-meglio-di-uno-che-non-la-usa/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+blogspot/SqMG+(Apprendere+(con+e+senza+le+tecnologie))" target="_blank">Un insegnante che usa la LIM insegna meglio di uno che non la usa?</a></em><br />
<br />
- Marina Boscaino, <em><a href="http://pubblicogiornale.it/attualita/e-demagogia-il-digitale-a-scuola-non-migliora-lapprendimento/" target="_blank">«Il digitale a scuola non migliora l’apprendimento»</a></em><br />
<br />
- Enzo Zecchi, <em><a href="http://www.lepidascuola.it/le-tecnologie-a-scuola-prima-la-1hr39m2ky3bz1-58/" target="_blank">Le Tecnologie a Scuola? Prima la Pedagogia</a></em><br />
<br />
- Giuseppe Granieri, <em><a href="http://www.bookcafe.net/blog/blog.cfm?id=1644" target="_blank">La sfida della scuola (e dell'università)</a></em><br />
<br />
- Paolo Ferri e Stefano Moriggi, <em><a href="http://www.agendadigitale.eu/egov/154_apprendere-ricercando-la-fine-della-didattica-nozionistica.htm" target="_blank">Apprendere ricercando: la fine della didattica nozionistica</a></em><br />
<br />
- Gianni Marconato, <em><a href="http://www.giannimarconato.it/2012/12/il-digitale-a-scuola-migliora-lapprendimento/" target="_blank">Il digitale a scuola migliora l’apprendimento?</a></em><br />
<br />
Un ultimo pensiero a un grande maestro: <a href="http://www.columbiatribune.com/news/2012/dec/05/david-jonassen-1947-2012/" target="_blank">David Jonassen</a>. Se n'è andato qualche tempo fa dopo una lunga lotta con il più infame dei nemici. I suoi scritti sono stati illuminanti per me (ma non solo, lo sono stati, ovviamente, per moltissimi) e mi hanno aiutato in maniera cruciale nell'inquadrare il percorso di ricerca durante e dopo il PhD. Grazie David e buon viaggio.</div>
Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-53305859088249577112012-09-12T17:17:00.001+02:002012-09-12T17:17:45.320+02:00Toolbox - ClassMarker<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><a href="http://www.classmarker.com/" target="_blank">ClassMarker</a> (link)</span><br />
<br />
<ul>
<li><div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><u>Descrizione</u>: Creare e Gestire Test e Quiz</span></div>
</li>
<li><div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><u>Skill</u>: comprensione orale, comprensione e produzione scritta</span></div>
</li>
<li><div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><u>Ordine di scuola</u>: scuola primaria, scuola secondaria di I e II grado</span></div>
</li>
</ul>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Dal sito ufficiale: "<em>web-based testing service is an easy-to-use, customizable online test maker for business, training & educational assessment with tests and quizzes graded instantly</em>".</span><br />
<span style="font-family: Verdana;"></span><br />
<span style="font-family: Verdana;">Segnalazione (via Catepol e Giuseppe Granieri): il post "<em><a href="http://blogs.scientificamerican.com/guest-blog/2012/09/11/this-is-your-brain-on-the-internet-maybe/" target="_blank">This is your brain on the Internet (maybe)</a></em>" di Kyle Hill.</span></div>
Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-47774127531512572552012-08-18T16:25:00.001+02:002012-08-18T16:26:58.494+02:00La certificazione di Snoopy<div style="text-align: justify;">
O di esistenza in vita, utilizzando un'espressione cara alla mia <a href="http://www.cambianeve.net/" target="_blank">ex-coinquilina di stanza</a>. Come sapete, lavoro presso una PA, nello specifico, comparto Regioni ed Autonomie Locali, e da tempo sto osservando un fenomeno tipico dell'amministrazione pubblica. La "certificazione di Snoopy" (o di esistenza in vita), appunto, che non si riferisce alla cosiddetta "sindrome di Snoopy", cioè l'incertezza e l'indecisione croniche, bensì prende origine da una striscia dei Peanuts di alcuni anni fa. In una serie di vignette (mi pare di ricordare su due pagine), Snoopy abbaia in continuazione. Nell'ultima, si rivolge al lettore dicendo che lo ha fatto per testimoniare al mondo la sua esistenza. Bene, questo accade ogni giorno negli uffici. Ovviamente i dirigenti, i funzionari e gli impiegati non passano la giornata latrando a squarciagola, però impongono una serie di "ma", "però", "un attimo", "devo verificare", ecc., spesso per giustificare o salvaguardare un ruolo o una posizione. A questa quotidiana abitudine, se ne aggiunge un'altra che da essa discende: la scarsa circolazione di dati e informazioni all'interno della stessa struttura. Sono affascinato dalla caparbietà e dalla costanza con cui vengono difesi gli orticelli privati (a volte anche le scrivanie e le sedie) da spiacevoli intrusioni. Una richiesta di informazioni o scambio di pratiche, di solito, è considerata come tentativo di invasione, ma dato che ai colleghi non si può rispondere picche come lo si farebbe al cittadino, vengono adottate varie strategie di guerriglia per sfiancare il richiedente. Quando assisto o mi trovo protagonista di certe scene, non posso non pensare alla battaglia dell'amico <a href="http://blog.ernestobelisario.eu/" target="_blank">Ernesto</a> sugli <em>open data </em>e l'<em>open government </em>e sulla "digitalizzazione" della PA (ne approfitto per segnalare la sua ultima fatica, il nuovo blog "<a href="http://thenextgov.blogautore.espresso.repubblica.it/" target="_blank">The next gov</a>") o all'impegno di altri amici che, in giro per l'Italia, lavorano per diffondere una nuova cultura digitale del nostro Paese (a questo proposito, via Catepol, segnalo il "<a href="http://www.catepol.net/2012/05/25/vademecum-pubblica-amministrazione-e-social-media/" target="_blank">Vademecum Pubblica Amministrazione e Social Media</a>"). Il primo problema strutturale da risolvere è aprire le porte degli Uffici e liberare la circolazione dei dati all'interno della PA stessa, annientando per sempre la cultura tipica dell'equazione "informazione non data = potere per chi la possiede". A me hanno insegnato (la mia famiglia è composta in gran parte di professori, maestri, ecc.) che la conoscenza è un bene comune, <a href="http://tecnodidatticamente.blogspot.it/2010/05/la-conoscenza-come-bene-comune_02.html" target="_blank">come scrivevo tempo fa</a>, e non solo quella tipica della formazione, ma anche tutto l'apparato delle informazioni che non possono essere a disposizione di pochi "eletti". Bisogna partire da una nuova cultura del pubblico impiego (non la brunettiana, e di recente forneriana, caccia alle streghe e ai fannulloni) per diffondere un modus operandi che travalichi l'orticello circondato da alti steccati, poiché in questo modo non potrà mai produrre buoni frutti per i principali committenti della PA e cioè i cittadini. In molti casi, è desolante constatare come la politica (lontana migliaia di anni luce dalla <em>politiké koinonía </em>artistotelica) abbia da decenni intaccato le fondamenta del pubblico, a tutti i livelli, e, di conseguenza, come di esso disponga a proprio piacimento, incurante di un concetto che potrebbe veramente fare la differenza: la parola magica a cui mi riferisco è "programmazione". Quindi, liberiamo i dati, liberiamo dirigenti e funzionari, liberiamo il pubblico impiego dalle catene che si è auto-imposto. Tutti i miei colleghi sono persone che fanno con onestà e dedizione il proprio lavoro, ma a volte l'ambiente rende difficile guardare oltre la soglia dell'ufficio. Può sembrare una ovvietà, ma dall'interno appare ancora più evidente come la dorsale sulla quale si sono, per anni, innestate tutte le inefficienze e gli errori è l'endemica superficialità, unitamente alla miopia programmatoria, con cui la burocrazia malata di egocentrismo infetta la gestione / amministrazione della "cosa pubblica".<br />
<br />
In questo periodo si parla tanto di revisione della spesa (preferisco l'espressione italiana) e io vorrei dare un mio contriubuto. Cosa eliminare? Beh, per me è facile: l'utilizzo estensivo della carta. Si usano montagne di carta, foreste intere. Esistono sistemi informativi di gestione in cui vengono caricati tutti i documenti, ma per completare ogni operazione ci vuole sempre la carta. Anche se da poco si usano tristi fogli giallognoli riciclati (stile cablo della Gemania dell'Est prima della caduta del muro di Berlino), è sempre carta. E ce n'è tanta. Decine e decine di faldoni. Ovunque. La cosa buffa è che anche la giurassica Commissione europea vuole sempre la carta. Amica, amante e compagna, rassicurante come la coperta di Linus. Quindi, il percorso è lungo, molto lungo, oltre ad essere tortuoso e disseminato di trappole e ostacoli. Del digitale, cari amici, fin nel profondo della Pubblica Amministrazione, al di là di dichiarazioni di facciata e almeno per ora, non si fida proprio nessuno.</div>
Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-15321915218495039212012-06-01T17:56:00.001+02:002012-06-01T17:56:16.096+02:00Agenda Digitale Italiana<div style="text-align: justify;">
Alcune riflessioni sull'<a href="http://www.agenda-digitale.it/agenda_digitale/index.php/competenze-digitali/obiettivi/19-obiettivi" target="_blank">agenda digitale italiana e sulle iniziative per la scuola ad essa collegate (gruppo di lavoro "Informatizzazione digitale e competenze digitali")</a>, di cui riporto testualmente il primo obiettivo: "estendere il modello della scuola digitale (banda larga per la didattica nelle scuole; cloud per la didattica; trasformare gli ambienti di apprendimento; contenuti digitali e libri di testo /adozioni; formazione degli insegnanti in ambiente di blended e-learning; LIM – e-book; e-participation...)". Belle parole, molto <em>trendy</em>, ma vuote. Anche l'espressione "formazione degli insegnanti in ambiente blended e-learning" è molto accattivante, ma mi scatena un'immediata domanda: "formazione su cosa?". Se da un lato l'iniziativa è meritoria nelle intenzioni, dall'altro sono desolato nel constatare una realtà vecchia che emerge dai contenuti (almeno per me, naturalmente). In perfetta sintonia e continuità con il passato, si pensa agli insegnanti come alunni discoli che devono mettersi in riga e alla scuola e alla formazione come contenitori in cui "versare" la tecnologia. L'altro ieri, audio e video cassette; ieri PC e Internet; oggi LIM, e-book, tablet; domani chissà. Come se bastasse riempire un'aula di "giocattoli" per assicurare la buona riuscita dei processi di appendimento. Accidenti! Mi è scappata una parola che forse è antiquata, vecchia e polverosa. Però a me piace e la ripeto: "apprendimento". In questo blog ne ho parlato spesso. La tecnologia è "buona" solo se produce apprendimento in un contesto organico di programmazione didattica ed educativa. Da sola non ne è garanzia e mai lo sarà (con buona pace di sciamani digitali e nuovi profeti). E' buona se diventa strumento plasmabile nelle mani del cittadino per l'acquisizione di competenze, intese in termini di abilità/capacità e conoscenze, così come previsto dalla <a href="http://www.europass-italia.it/EQF.asp" target="_blank">Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio sul sistema EQF</a> (a proposito è questa l'Europa che mi piace, <a href="http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=web&cd=1&sqi=2&ved=0CGEQFjAA&url=http%3A%2F%2Fec.europa.eu%2Feducation%2Fpub%2Fpdf%2Fgeneral%2Feqf%2Fbroch_it.pdf&ei=Dt3IT_uYHOKg4gSZuZgJ&usg=AFQjCNGE-6HU8-mOIQ1CqL6yhgD7gkNRCg&sig2=Mfy5ik3p50ZyKnvsMUMX9w" target="_blank">qui</a> il testo originale dell'atto), con lo scopo di un "apprendimento permanente", che non inizia e finisce a scuola o all'università, o peggio che non va oltre il suono della campanella o un esame, ma continua ogni giorno, tutti i gorni (non va dimenticato che, in quest'ottica, il tanto bistrattato libro è, comunque, una tecnologia). Il progetto digitale per il nostro sistema di istruzione e formazione deve partire da una "pedagogia delle tecnologie educative" per permettere a tutti di imparare, ma anche di generare conoscenza, sempre e ovunque, in maniera consapevole e <em>digitally wise</em>. La ricetta, se mi si passa il termine, che propongo è sempre la stessa (questa volta con una metafora automobilistica): non si dovrebbe mai partire dal pit-stop (le tecnologie), ma dai semafori che da rossi diventano verdi sopra la linea dello start (la pedagogia, il progetto educativo), utilizzando le soste (i pit-stop, appunto) per migliorare le performance di macchina (il discente / il cittadino) e pilota (il docente / l'educatore / il formatore) e arrivare, quindi, per primi alla bandiera a scacchi.</div>
Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-75987261764547956992012-05-25T17:44:00.001+02:002012-05-25T17:44:34.507+02:00Tecnologie e didattica delle lingue<div style="text-align: justify;">
Ho appena finito di leggere un buon libro, di cui ho dato conto in un post precedente. Il testo si intitola "<em>Tecnologie e didattica delle lingue. Teorie, risorse, sperimentazioni</em>", a cura di Fabio Caon e Graziano Serragiotto, Torino, UTET Università, 2012. Il volume, come si legge nella prefazione, ha un'appendice online, nelle sezioni "<a href="http://venus.unive.it/italslab/" target="_blank">Itals</a>" e "<a href="http://venus.unive.it/ladils/" target="_blank">Ladils</a>" del portale del "<a href="http://www.unive.it/nqcontent.cfm?a_id=93979" target="_blank">Centro di Didattica delle Lingue</a>" dell'Università Ca' Foscari di Venezia, per aggiornamenti, esemplificazioni e materiali integrativi. Il saggio, sebbene abbia i connotati e i contenuti del classico lavoro di stampo accademico, è una buona guida, abbastanza completa sulla materia. Le sezioni sono tre: "Coordinate teoriche", con una serie di contributi sul rapporto tra glottodidattica e tecnologie, oltre ad analisi degli aspetti neuroscentifici e al ruolo dei docenti in questo contesto, sia come fruitori (formazione e aggiornamento professionale), sia come utilizzatori/facilitatori; "Risorse e strumenti", con una rassegna dei principali "nuovi attrezzi" a disposizione del docente di lingue, tra cui LIM, i tablet, il rapporto tra CLIL e YouTube, l'e-tandem come ambiente per la comunicazione in LS, materiali e applicativi web per la didattica; "Sperimentazioni", che contiene tre esempi di progetti ben articolati sul tema. E' una lettura molto interessante e la consiglio a chi ha voglia di approfondire il rapporto tra glottodidattica e tecnologie educative. <br />
<br />
Riporto, poi, due iniziative: <a href="http://www.repubblica.it/tecnologia/2012/05/02/news/ue_proteggere_i_bambini_sul_web_la_commissione_annuncia_un_piano-34340629/?rss" target="_blank">una dell'Ue</a> per insegnare Internet ai bambini ed educarli a un uso consapevole della Rete (speriamo che dalle belle parole si passi ai fatti, soprattutto nell'applicazione di questi princìpi negli Stati Membri e, nello specifico, in Italia); l'altra chiamata <a href="http://www.repubblica.it/scuola/2012/05/25/news/progetto_famiglie_bilingui_la_sapienza-35704366/?ref=HREC2-15" target="_blank">"BilFam. Let's become a bilingual family"</a>, sperimentazione curata dall'Università "La Sapienza" a cui partecipano 125 nuclei familiari, da 5 diversi paesi (<a href="http://www.bilfam.eu/index.php?main=modules/cms/cms.php&cms=23&menu=3" target="_blank">qui</a> il sito dedicato) che "utilizza un modello già sperimentato con successo in 120 scuole dell'infanzia e primarie, adattandolo al contesto familiare"; l'obiettivo è coinvolgendo le famiglie per imparare almeno un'altra lingua oltre alla materna, fondando il processo di apprendimento sulla dimensione domestica e quotidiana.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
E ora il consueto spazio delle segnalazioni riferite alle settimane successive l'ultimo post:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
- il <a href="http://formare.erickson.it/wordpress/it/category/2012/n-78-marzoaprile/" target="_blank">numero 78 (marzo/aprile) di Form@re</a> che affronta un tema cruciale in fatto di tecnologie didattiche, in questo caso legato alle LIM, e cioè la questione della reale l'efficacia di tale strumento per migliorare la qualità dell'apprendimento e, collegato a questo, l'<a href="http://lettura.corriere.it/studenti-piu-bravi-con-la-lavagna-interattiva/" target="_blank">articolo del corriere</a> su una ricerca condotta da GfK Eurisko per l’editore Pearson Italia sugli effetti positivi della LIM sull'apprendimento (indagine condotta su un campione di docenti intervistati);<br />
<br />
- il canale YouTube, <a href="http://www.youtube.com/user/shakespeareanimated/videos?view=1" target="_blank">Shakespeare Animated</a>, con 12 opere del drammaturgo inglese sotto forma di cartone animato e sottotitolate (da andare a sbirciare assolutamente, in basso embedo il primo dei tre video di "Macbeth", la mia preferita);<br />
<br />
- il solito stimolante post di Gianni Marconato dal titolo "<a href="http://www.giannimarconato.it/2012/03/la-grande-sfida-della-didattica/" target="_blank">La grande sfida della didattica: motivare i ragazzi</a>";<br />
<br />
- il lavoro realizzato da parte del curatore dell'ottimo blog "<em>Free technolgy for teachers</em>", dal titolo "<a href="http://www.scribd.com/doc/92629651/Google-Drive-and-Docs-for-Teachers-2012" target="_blank"><em>Google Drive and Documents for teachers</em></a>", con una serie di interessanti spunti per le attività in classe;<br />
<br />
- il <a href="http://www.freetech4teachers.com/2012/04/google-docs-for-teachers-free-ebook.html" target="_blank">resoconto di un esperimento</a> realizzato a Pesaro presso la Scuola Materna “Missionarie Della Fanciulezza”, per l’utilizzo dell’iPad per insegnare l’inglese ai bambini dai 3 ai 6 anni; <br />
<br />
- un post apparentemente provocatorio, ma molto ricco di sostanza di Mario Rotta, dal titolo "<a href="http://www.mariorotta.com/knowledge/2012/04/la-nausea-sociale/" target="_blank">La nausea sociale</a>", sui rischi legati a un <em>overload</em>, si potrebbe dire, di social media;<br />
<br />
- tramite <a href="http://webeconoscenza.net/2012/04/14/mi-sono-innamorato/" target="_blank">Webeconoscenza</a>, l'illuminante, sintetico e very <em>anglosaxon </em>"<em><a href="https://www.gov.uk/designprinciples" target="_blank">Government Digital Service Design Principles</a></em>", da parte del governo di Sua Maestà (UK), di cui riporto l'elenco tanto per avere un'idea di cosa si tratta: "<em>Start with needs; <span lang="EN-US" style="color: windowtext; mso-ansi-language: EN-US; text-decoration: none; text-underline: none;">Do less</span>; <span lang="EN-US" style="color: windowtext; mso-ansi-language: EN-US; text-decoration: none; text-underline: none;">Design with data</span>; <span lang="EN-US" style="color: windowtext; mso-ansi-language: EN-US; text-decoration: none; text-underline: none;">Do the hard work to make it simple</span>; <span lang="EN-US" style="color: windowtext; mso-ansi-language: EN-US; text-decoration: none; text-underline: none;">Iterate. Then iterate again; </span><span lang="EN-US" style="color: windowtext; mso-ansi-language: EN-US; text-decoration: none; text-underline: none;">Build for inclusion</span>; <span lang="EN-US" style="color: windowtext; mso-ansi-language: EN-US; text-decoration: none; text-underline: none;">Understand context</span>; <span lang="EN-US" style="color: windowtext; mso-ansi-language: EN-US; text-decoration: none; text-underline: none;">Build digital services, not websites</span>; <span lang="EN-US" style="color: windowtext; mso-ansi-language: EN-US; text-decoration: none; text-underline: none;">Be consistent, not uniform</span>; </em><span lang="EN-US" style="color: windowtext; mso-ansi-language: EN-US; text-decoration: none; text-underline: none;"><em>Make things open: it makes things better</em>";</span><br />
<br />
- gli atti dell'VIII Congresso <a href="http://www.sie-l.it/" target="_blank">SIEL</a> (2011), dal titolo "<em><a href="http://www.siel2011.it/index.php/downloads?download=12%3Alibro-degli-atti" target="_blank">Connessi! Scenari di innovazione nella fromazione e nella comunicazione</a></em>".<br />
<br /></div>
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/LC9G_CZVAL8" width="420"></iframe>Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-24938659844082230742012-03-30T17:31:00.001+02:002012-03-30T17:33:58.787+02:00Toolbox - Weebly for education<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Benvenuti.</span><br />
<div style="text-align: justify;"><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Inauguro il "nuovo" blog con un "servizo" che prende spunto da un lavoro svolto per la tesi. Si tratta di <em>toolbox</em>, letteralmente "cassetta degli attrezzi". Durante i tre anni di dottorato, ho spulciato qua e là, utilizzando svariate fonti, molti “<em>web-based tool</em>” (utilizzabili tramite il solo “browser” senza l’installazione di alcun software), scelti, visionati e testati, ed essenzialmente <em>free</em> o, al massimo, con alcuni servizi potenziati a pagamento che, però, non vanno a incidere in maniera considerevole su quelli di base. Questi strumenti sono stati analizzati per essere applicati nel campo della didattica delle lingue, al fine di ampliare le possibili opzioni operative a disposizione del docente.</span></div><div style="text-align: justify;"><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Per ogni tool, predisporrò una scheda che conterrà:</span></div><div style="text-align: justify;"></div><ul><li><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">una breve descrizione dello strumento con le potenzialità didattiche;</span></div></li>
<li><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">la/e skill linguistica/e che per il cui potenziamento può essere utilizzato;</span></div></li>
<li><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">l'ordine di scuola in cui può essere più utile.</span></div></li>
</ul><div style="text-align: justify;"><br />
<span style="font-family: Verdana;">Non verranno presi in considerazione servizi come quelli di Blogger, Delicious, Flickr, Google, Facebook, Scribd, Slideshare, Twitter, Wikipedia, Wordpress, YouTube, ecc.; insomma i più conosciuti, in quanto su di essi esiste una vasta letteratura su sperimentazioni, progetti, suggerimenti, e così via. L'attenzione verterà su <em>tool </em>meno diffusi, ma altrettanto innovativi e interessanti, anche per le attività che possono facilitare in "appoggio", in alcuni casi, ai più "blasonati".</span><br />
<br />
___________________________________________________</div><div style="text-align: justify;"><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Per questo primo post, il <em>tool</em> presentato è: "<a href="http://education.weebly.com/" target="_blank">Weebly for education</a>"</span><br />
<br />
</div><ul><li><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><u>Descrizione</u>: Creare siti web e gestire un ambiente educativo di classe</span></div></li>
<div style="text-align: justify;"></div><li><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><u>Skill</u>: comprensione e produzione orale, comprensione e produzione scritta</span></div></li>
<div style="text-align: justify;"></div><li><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><u>Ordine di scuola</u>: scuola primaria, scuola secondaria di I e II grado</span></div></li>
</ul><br />
____________________________________________________<br />
<br />
<span style="font-family: Verdana;">E ora alcune Segnalazioni:</span><br />
<div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana;">- esempi di scuola virtuosa in "<a href="http://www.repubblica.it/scuola/2012/03/30/news/l_innovazione_sale_in_cattedra_cos_la_creativit_batte_la_crisi-32436745/?ref=HREC2-4" target="_blank">L'innovazione sale in cattedra</a>" e, via <a href="http://www.catepol.net/" target="_blank">Catepol</a>, i <a href="http://www.catepol.net/2012/03/27/etwinning-premiati-4-progetti-italiani/#axzz1qQMoouaN" target="_blank">4 progetti italiani premiati per l'e-twinning</a>, tra cui il Liceo Classico "E. Duni" di Matera con il progetto "<a href="http://atasteofmaths.blogspot.it/" target="_blank">A taste of Maths</a>", di Maria Teresa Asprella (bravi!!!); </span><br />
<br />
<span style="font-family: Verdana;">- un interessante articolo da "Education 2.0" dal titolo: "</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><a href="http://www.educationduepuntozero.it/tecnologie-e-ambienti-di-apprendimento/podcasting-apprendimento-lingue-straniere-4035196037.shtml" target="_blank">Podcasting e apprendimento delle lingue straniere</a>";</span><br />
<br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">- il lavoro di Gianni Marconato, "<a href="http://www.guaraldi.it/scheda.php?lang=it&id=724&type=tit" target="_blank">Usare Moodle. Manuale di didattica</a>";</span><br />
<br />
<span style="font-family: Verdana;">- <a href="http://www.freetech4teachers.com/2012/03/5-things-you-can-do-with-wikis.html" target="_blank">5 modi</a> per usare la tecnologia wiki nella didattica.</span><br />
<br />
<span style="font-family: Verdana;">Chiudo con un bel video, che ho trovato grazie a <a href="http://webeconoscenza.net/2012/03/09/digital-literacy-2/" target="_blank">Webeconoscenza</a>, su una buona pratica di digital literacy: <em>How to use Twitter</em>.</span><br />
<br />
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/ygoqGfLBqFs" width="560"></iframe><br />
<br />
</div>Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-63373393242752721472012-03-07T17:03:00.001+01:002012-03-30T16:55:01.659+02:00Il miracolo delle tecnologie<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"></span><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Sono stati giorni molto ricchi di spunti e di riflessioni e poiché, come sapete, ho l'abitudine di scrivere solo se e quando ne sento il bisogno, avendone adesso una impellente necessità (anche far tacere i vari campanelli che trillano in testa), raccomando ai pazienti lettori di armarsi di un'ulteriore buona predisposizione d'animo, in quanto il post è lungo e si conclude con una serie di appunti e segnalazioni.</span></div><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Il miracolo parte dai ragionamenti sul rapporto tra tecnologie e didattica/appendimento che iniziano a travalicare i confini dei tecnici e dei ricercatori, attirando l'attenzione dei media in generale, anche se con </span><a href="http://www.repubblica.it/tecnologia/2012/01/31/news/tecnologia_bambini-28894398/?rss" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">deviazioni</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> un pò grossolane e semplicistiche. Ma va bene così. L'importante è aumentare il volume della discussione. Gli strumenti cambiano e si evolvono rapidamente. E' ancora aperto il dibattito sul <em>social web</em> in generale e, da poco tempo, sugli <em>smartphone</em>, che un altro <em>device </em>si profila all'orizzonte: i <em>tablet</em>. Un'interessante panoramica / riflessione è offerta da una </span><a href="http://www.mariorotta.com/knowledge/2012/02/i-tablet-non-cambiano-la-scuola/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">video-intervista</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> di Mario Riotta. Il ricercatore sostiene, a ragione, che il rischio è di utilizzare questi dispositivi in maniera anche molto tradizionale (classici <em>tool </em>per la visualizzazione di contenuti strutturati e statici). In tal caso, non serve investire tante risorse da parte delle istituzioni educative e formative (la spesa è comunque rilevante anche se si vuole far lavorare due utenti per <em>tablet</em>), allora tanto vale non utilizzarli. Se, invece, si vuole produrre un impatto metodologico significativo, bisogna introdurre questi dispositivi (riflessione che, ovviamente, si estende a tutti, e cioè i PC, i notebook, le LIM, gli <em>smartphone</em>, le applicazioni del <em>social web</em>, ecc.) in maniera contestuale per generare cambiamenti nel modo di fare scuola/formazione, nell'organizzazione della scuola/formazione stessa e della didattica in generale, nel modo in cui lo studente studia, nel modo in cui l'insegnante insegna e nei modi in cui studente e insegnante interagiscono tra loro. In linea potenziale, questi cambiamenti potrebbero, poi, produrre un impatto epistemologico, portando a forme di apprendimento (che Riotta definisce, utilizzando un'espressione molto azzeccata, "<em>cloud learning"</em>) basate su mobilità, integrazione, sincronizzazione tra risorse e utenti. Ciò potrebbe (si spera) mettere in crisi il sistema consolidato attualmente in vigore nell'istruzione e nella formazione, per impostare una nuova metodologia a tutto tondo. Numerose sono le ricerche (compresa quella di Riotta in una scuola di Bergamo) che mirano a verificare se l'utilizzo contestuale di tali dispositivi e applicazioni possa comportare un impatto cognitivo significativo, permettendo l'acquisizione di competenze di livello qualitativo migliore rispetto alla "didattica tradizionale". E' certo che il dispositivo in sé non agevola una buona didattica. Sono altri gli elementi ad apportare benefici nelle modalità in cui dispositivi, persone e contesto (la quotidianità di fare scuola) entrano in relazione tra loro. L'obiettivo più cogente, comunque, è introdurre e diffondere un nuovo modo di apprendere: superare i concetti di scuola e formazione collocate in un tempo e in uno spazio rigorosi e delimitati ed entrare in un'ottica di mobilità e di permenenza in rete per tutto l'arco della vita (una formazione continua senza pareti).</span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">E qui veniamo a un aspetto che mi sta molto a cuore e cioè il superamento dell'annosa dicotomia tra "nativi digitali" e "immigrati digitali". Un primo passo è quello di accettare, come esposto da Gianni Marconato in un suo </span><a href="http://www.giannimarconato.it/2012/02/lattenzione-al-tempo-del-colera/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+blogspot%2FSqMG+%28Apprendere+%28con+e+senza+le+tecnologie%29%29&utm_content=Google+Reader" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">post</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">, l'esistenza di una decima intelligenza, ulteriore rispetto alle nove individuate da Gardner, caratterizzata da una serie di abilità differenti, tra cui gestire le opzioni di scelta (su Internet o verso una qualunque navigazione di tipo ipertestuale), applicare il multitasking, selezionare e connettere logicamente le informazioni per creare nuova conoscenza, ecc. Da qui, il passaggio al concetto di "<em>digital wisdom</em>", </span><a href="http://tinyurl.com/yjodyfu" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">introdotto dallo stesso Prensky</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> per annullare il <em>gap</em> generazionale, è immediato. La saggezza digitale è quell'insieme di competenze che permette a un utente, giovane o anziano, di usare le tecnologie in modo consapevole, presupponendo una serie di abilità che, è bene tenerlo presente, non sono immediate, nella loro "attuazione consapevole", da parte dei "nativi digitali": navigare all'interno dei network, condividere conoscenza in un ampio sistema di intelligenza collettiva, negoziare concetti e la propria presenza in rete, gestire nuovi modi e ritmi di comunicazione, gestire i maggiori livelli di autonomia (soprattutto nello studio e nell'apprendimento), gestire le informazioni, discernendo le fonti. </span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">A tal proposito, i risultati di uno </span><a href="http://ijoc.org/ojs/index.php/ijoc/article/view/636/423" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">studio</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> condotto da alcuni ricercatori della <i style="mso-bidi-font-style: normal;">NorthWestern University</i> di Chicago (“</span></span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-bidi-font-weight: bold; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US;">Trust online: young adults’ evaluation of Web Content</span></i><span style="mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin;">”) che ha interessato circa un migliaio di giovani americani tra i 18 e i 20 anni, hanno messo in evidenza alcune tendenze da non sottovalutare nel rapporto tra conoscenza, Internet e "nativi digitali": la rete è lo strumento maggiormente utilizzato per le ricerche; l’attendibilità di quanto trovato e delle fonti non è una questione avvertita come necessaria; i motori di ricerca sono visti come dispensatori di verità assolute e indiscutibili; scarsa conoscenza dei principi regolatori degli algoritmi di ricerca; affidamento immediato sul primo risultato, in ordine di apparizione, sulla pagina del motore di ricerca utilizzato; scarsa capacità di discernere tra pubblicità e link in primo piano; indifferenza verso gli autori dei materiali reperiti online; maglie larghe nei confronti del “<em>cut and paste</em>” selvaggio, effettuato con disinvoltura. Ragion per cui, facendo ammenda anche io stesso, non voglio più sentire parlare né di "nativi digitali", né di "immigrati digitali", essendo queste due categorie che non esistono, o meglio, esistono e si fondono senza possedere quei contorni definiti e rigidi spesso categorizzati.</span></span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin;">Sempre Marconato, nel suo post, auspica che si possa "avvicinare in età precoce i bambini all’uso del computer in modo che, in analogia con quanto avviene con l’apprendimento precoce delle lingue, si sviluppi al meglio anche questa forma di interazione con la realtà". A questo proposito, in Italia c'è un'ulteriore questione. In un recente articolo apparso sul quotidiano la Repubblica, "Il mondo degli iperpoliglotti" (edizione di giovedì 23/02/2012), si fa riferimento al ritardo del nostro paese sul multilinguismo, ma anche sul "monolinguismo" (in questo caso dell'inglese) aggiungo io, e ai livelli bassi di conoscenza di una o più lingue straniere da parte dei cittadini, nonostante gli innumerevoli documenti programmatici sul tema da parte dell'Ue, a partire dal Barcellona 2002, in cui si auspica, per ogni cittadino dell'Unione, la conoscenza di almeno due lingue straniere, oltre a quella materna. Il multilinguismo sembra essere una necessità oramai imprescindibile, ma la sensibilità, in Italia, è abbastanza annacquata (basti vedere i numerosi tagli di ore, cattedre e quant'altro effettuati in questi anni a livello governativo). Eppure, il nostro cervello è naturalmente predisposto, almeno fino all'età puberale, all'acquisizione contemporanea di più idiomi (addirittura, secondo alcuni studi, fino a 10/11). Inoltre, concetti come "società della conoscenza", competenze dei "nativi digitali", "dieta mediale", ecc., sono intimamente legati all'importanza della conoscenza di più lingue visto che le opportunità digitali a disposizione si incrementano in maniera esponenziale e le possibilità di entrare in contatto con altre culture sono praticamente dietro ogni angolo. Il rapporto tra tecnologie e didattica delle lingue, quindi, è molto stretto, ma anche molto poco studiato soprattutto in termini di impostazione didattica, approccio e metodologica diversi.</span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Ripensare a questi aspetti, "saggezza digitale" e "multilinguismo", in modo integrato come impostazione nuova di fare scuola e formazione è un <em>must</em> che deve realizzarsi in fretta. </span><a href="https://www.google.it/#hl=it&gs_nf=1&cp=12&gs_id=2&xhr=t&q=Oliver+Twist&pf=p&output=search&sclient=psy-ab&pbx=1&oq=Oliver+Twist&aq=0&aqi=g4&aql=&gs_sm=&gs_upl=&gs_l=&bav=on.2,or.r_gc.r_pw.r_qf.,cf.osb&fp=baf203b35ce1660f&biw=1069&bih=703" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Fare una ricerca su "Google" sul romanzo "Oliver Twist" di Dickens</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">, per esempio, implica avere a che fare con quasi 10 milioni di risultati. Orientarsi in questo oceano di informazioni impone la padronanza di tutte quelle competenze "digitali" citate prima, oltre a quelle di natura più prettamente linguistica. E non basta copiare il primo record (che guarda caso è quello di Wikipedia). Se i nostri ragazzi riuscissero ad andare almeno fino alla pagina 5, leggendo e confrontando, o ad affinare la ricerca con l'inserimento consapevole di adeguate parole chiave, avremmo raggiunto già un buon risultato.</span></span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> </span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Un’ultima considerazione riguarda l’ipotesi di una radicale riorganizzazione spaziale dell’aula di lingua straniera per ottenere un ambiente formativo integrato, arricchito digitalmente (questo, ovviamente, può applicarsi a tutte le tipologie di aula). </span><a href="http://www.educause.edu/ir/library/pdf/PUB7102e.pdf" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Secondo Cyprien Lomas e Diana G. Oblinger</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">, un <em>learning space </em>adeguato alle caratteristiche degli studenti del XXI secolo può essere definito: “<em>digital, mobile, independent, participatory, social, flexible, ubiquitously, accessibile</em>”. La classe, quindi, va ripensata in quanto ponte tra l’apprendimento formale e quello informale, che avviene al di fuori delle mura scolastiche. Un esempio di geometria è presente nell’articolo di Carlos Melero, <em>Lingue straniere e tablets</em>, (numero 8-9 del 2011 della Rivista "Scuola e Lingue Moderne - SeLM", p. 46-51). Partendo dalle sue riflessioni, io mi spingerei oltre, immaginando un "ambiente di apprendimento" (</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">nell'accezione descritta dal Wilson nel 1996</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">) a “geometria variabile” (come suggerisce Ferri in molti suoi scritti) con banchi mobili e ricombinabili disposti a isole di 4/5 unità (con PC o tablet o notebook), dotate di web-cam e collegate a Internet, senza tralasciare di garantire la possibilità di effettuare diverse attività, sia tradizionali, sia cooperative o collaborative. La presenza di svariate tipologie di dispositivi deve riprodurre, per quanto possibile, l’ambiente digitale domestico degli studenti, in modo che il lavoro in aula e a casa abbia elementi di continuità (un interessante elenco di elementi costitutivi di una scuola 2.0 è in un </span><a href="http://weblogg-ed.com/2010/what-do-we-need/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">post di Will Richardson</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">).</span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Chiudo, quotando, per intero, un pezzo di un ennesimo interessantissimo </span><a href="http://www.giannimarconato.it/2012/02/libri-di-testo-digitali-questione-ancora-aperta/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+blogspot%2FSqMG+(Apprendere+(con+e+senza+le+tecnologie))&utm_content=Google+Reader" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">post di Gianni Marconato</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">, a cui vanno sempre i miei sentiti ringraziamenti per gli innumerevoli spunti che mi offre (e che mi ha offerto durante la redazione della tesi), sui libri digitali:</span></div><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span><br /><blockquote class="tr_bq"><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">"<em>Le risorse didattiche da usare, il loro ruolo, i modi in cui si usano sono strettamente legati all’idea che ogni insegnante ha dell’apprendimento, di come le persone apprendono, di come, conseguentemente si insegna, ma anche di cosa gli studenti dovrebbero imparare. Se si è convinti che si apprenda meglio avendo un ruolo (cognitivamente) attivo, che lo scopo dell’apprendimento sia dare un significato a ciò che si è appreso, che gli studenti dovrebbero saper usare le conoscenze (e non solo memorizzarle) e di trasferirle in differenti contesti, che si dovrebbe imparare a collegare tra di loro le conoscenze acquisite, che si debba apprendere per uno scopo (e non imparare per imparare) ….. allora non ci resta altro che lavorare all’interno di ambienti di apprendimento, contesti didattici aperti, ricchi di risorse, dove lo studente è attivo, usa strumenti, elabora informazioni, interagisce … (rielaborato ad Wilson). Ambienti di apprendimento tanto come metafora per il contesto didattico nel suo insieme ma, anche, per il libro di testo in quanto tale. Magari attingendo alle “</em></span><a href="http://www.giannimarconato.it/2007/01/roger-shank-e-le-forme-%E2%80%9Cnaturali%E2%80%9D-di-apprendimento/" target="_blank"><em><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">architetture per l’apprendimento</span></em></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><em>” di Schank come basi concettuali. Più che monolitici “libri di testo”, tante risorse “liquide”, aggregabili reativamente, manipolabili da insegnanti e studenti, dove l’interazione, la collaborazione, la costruzione siano elementi fondamentali del setting didattico. Con una “visione” di lungo periodo, mi piace pensare che il luogo di sviluppo delle “risorse” didattiche (preferisco la prospettiva “risorse”, che quella di “libro di testo”) sia quello delle reti di insegnanti più che quello degli editori</em>."</span></div></blockquote><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Non solo sottoscrivo, ma lo faccio con doppia e triplice linea. Una delle poche certezze con cui ho chiuso il lavoro di ricerca del triennio di dottorato è stata, anche e soprattutto dopo aver sentito insegnanti e presidi, la forte esigenza manifestata da tutti gli attori di una partecipazione diretta nel lavoro didattico di integrazione tra tecnologie e curricoli. Soprattutto, la possibilità di scambio di idee ed esperienze professionali è considerata come una forte spinta al miglioramento delle pratiche di insegnamento. A questa si lega, quindi, una diffusa necessità di formazione/informazione che, a mio avviso, può essere costituita, in primis, dalle reti di insegnanti e formatori in generale, in cui questi dialogano tra loro. Le comunità di pratica dei docenti potrebbero diventare un "sistema permanente" di formazione professionale continua, adottato, perché no, anche in maniera ufficiale dal Ministero per il tramite dei suoi Uffici Scolastici Regionali. Sarebbe possibile, mi chiedo, tentare di seguire questa strada? Certo non è molto battuta, ma, rifacendomi a una delle espressioni più belle di Robert Frost, è questa la via giusta da percorrere.</span><br /><br /><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Un brindisi finale di </span><a href="http://www.repubblica.it/tecnologia/2012/02/27/news/40_anni_e-mail-30559572/?rss" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">buon compleanno all'email</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> che ha, di recente, compiuto 40 anni. La cosa sembra essere passata un pò in sordina ma, che ci piaccia o no, la nostra vita, il nostro lavoro, il nostro modo di studiare e persino le nostre relazioni non sono mai state/i più la stessa cosa dopo la sua diffusione di massa, tanto da far pensare, a chi ama modelli e categorizzazioni facili, di poter dividere la recente storia contemporanea in due fasi: prima e dopo di "lei".</span><br /><br /><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Appunti e segnalazioni conclusive:</span><br /><br /><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">- tre pubblicazioni che consiglio a chi si interessa di tecnologie e di come queste possono essere applicate nella didattica e anche in quella delle lingue: <em>Le insidie dell'ovvio. Tecnologie educative e critiche della retorica tecnocentrica</em>, di Maria Ranieri, ETS, 2011 (</span><a href="http://formare.erickson.it/wordpress/it/2012/le-insidie-dellovvio-tecnologie-educative-e-critica-della-retorica-tecnocentrica/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">qui</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> una breve recensione e </span><a href="http://unifi.academia.edu/mariaranieri/Books/1192202/Le_insidie_dellovvio_Tecnologie_educative_e_critica_della_retorica_tecnocentrica_ETS_2011" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">qui</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> l'indice del volume); <em>Principi di comunicazione visiva multimediale</em>, di Antonio Calvani, Giovanni Bonaiuti e Antonio Fini, Carocci, 2011 (</span><a href="http://formare.erickson.it/wordpress/it/2012/principi-di-comunicazione-visiva-e-multimediale/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">qui</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> una breve recensione); <em>Linguistica e didattica delle lingue e dell'inglese contemporaneo. Studi in onore di Gianfranco Porcelli</em>, a cura di Bruna Di Sabato e Patrizia Mazzotta, Pensa Multimedia, 2011 (la recensione del testo è sul numero 8-9 del 2011 della Rivista "Scuola e Lingue Moderne - SeLM", p. VII-VIII del Dossier BLE n. 20), soprattutto l'ultima parte del volume che è dedicata a "Nuove tecnologie e didattica delle lingue";</span><br /><br /><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">- il "<em><a href="http://www.education.ed.ac.uk/swop/manifesto.html" target="_blank">Manifesto for teaching online</a></em>", via </span><a href="http://www.downes.ca/cgi-bin/page.cgi?post=57414" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Stephen Downes</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">, è un progetto di docenti e ricercatori dell'Università di Edinburgo con lo scopo di stimolare idee sull'uso creativo dell'insegnamento con tecnologie di rete; è stato anche predisposto un </span><a href="http://onlineteachingmanifesto.wordpress.com/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">apposito blog</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> dove discutere sul tema;</span><br /><br /><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">- un'interessante </span><a href="http://blog.helenbarrett.org/2012/03/select-free-online-tools-for-eportfolio.html" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">tabella</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> di Helen Barret che incrocia tool per l'e-portfolio e obiettivi di realizzazione; è un ottimo spunto per chi intende iniziare a provare a realizzare il proprio portfolio elettronico/digitale, senza dimenticare i suoi ormai <a href="http://blog.helenbarrett.org/2012/03/supporting-reflection-in-eportfolios.html" target="_blank">storici modelli per l'e-portfolio</a>;</span><br /><br /><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">- </span><a href="http://formare.erickson.it/wordpress/it/category/2012/n-77-gennaiofebbraio/" target="_blank"><span id="goog_557692223"></span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">il numero 77 (gennaio/febbraio 2012) di Form@re</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">, dedicato al progetto "Wironi", nato nel 2005 presso il Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’Università di Siena in collaborazione con il Comune di Monteroni d’Arbia (Siena), "concepito per favorire dei percorsi di apprendimento sociale fra pari attraverso i processi di imitazione ed emulazione, sia nei luoghi di fruizione dei contenuti erogati da Wironi che nei luoghi di produzione di alcuni dei suoi contenuti";</span><br /><br /><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">- </span><a href="http://www.facebook.com/#!/nytimes" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">la timeline di Facebook del profilo del <em>New York Times</em></span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">, che offre una serie di foto e prime pagine per ognuno dei gloriosi 161 anni di storia della popolare testata americana.</span></div><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> </span>Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-86909138596062649922012-02-22T17:04:00.001+01:002012-03-30T16:55:01.711+02:00La scuola che si raccontaBreve post per segnalare la bellissima iniziativa "<a href="http://www.storiedididattica.it/" target="_blank">Storie di didattica: la scuola che si racconta</a>", che nasce come progetto formativo e di sviluppo professionale per i membri del fortunato network "<a href="http://www.lascuolachefunziona.it/" target="_blank">La scuola che funziona</a>". Il progetto intende prendere spunto dalle pratiche reali di insegnamento (narrazioni / storie) con lo scopo di far accrescere lo sviluppo professionale dell'insegnante che "fa leva sulla riflessione intorno alla propria (ma anche altrui) pratica. Attraverso la narrazione l'insegnante 'studia' se stesso (non un libro) ed 'insegna' a se stesso (non è insegnato da terza persona)" (citazione dal portale ufficiale). Il progetto si inserisce nel solco di una recente corrente teorica denominata "Il pensiero degli insegnanti", in cui il profilo del docente si caratterizza per un netto passaggio dall'<em>expertise </em>tecnica alla pratica riflessiva come nuova identità professionale. L'insegnate diventa ricercatore e non agisce in solitudine, ma dialoga con gli altri (costruendo e partecipando a comunità di pratica in presenza o virtuali, come nel caso di specie), perché il discorso, per essere definito vivo, ha bisogno di essere comunicato e condiviso.<br />In basso il video di descrizione del progetto. Plaudo all'iniziativa e la sottoscrivo: docenti, formatori, educatori, accorrete numerosi a raccontare le vostre storie.<br /><br />Il progetto ha anche una <a href="http://www.facebook.com/#!/pages/Storie-di-didattica-La-scuola-che-si-racconta/269259793147829" target="_blank">pagina Facebook</a>.<br /><br /><iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/-zBLwJwiTZg" width="560"></iframe><br /><br />Segnalazione n. 2: finalmente Helen Barret si è dedicata a sviluppare un esempio di <a href="https://sites.google.com/site/eportfolios4ell/" target="_blank">e-Portfolio anche per le lingue</a>, utilizzando "Google sites". Il <em>tool </em>contiene strategie per documentare le abilità di produzione e ricezione scritta e orale tramite l'uso di tecnologie di rete. Il lavoro prevede un affinamento progressivo e merita di essere seguito, in quanto questo filone può avere una serie di interessanti sviluppi nella glottodidattica.<br /><br />Segnalazione n. 3: anzi questa è un'autosegnalazione e un appunto personale. Tramite <a href="http://www.catepol.net/" target="_blank">Caterina Policaro</a>, segnalo <a href="http://blog.nicolamattina.it/2012/02/sui-termine-web-2-0-e-social-media/" target="_blank">un post sulle parole "Web 2.0 e social media"</a>. Si tratta, per me, di un ulteriore conforto sul fatto che forse non ero così fuori strada quando, all'inizio del percorso di dottorato, "incautamente" sostituii, oralmente e per iscritto, l'espressione "Web 2.0" con "<em>social web</em>" (intitolando, in questo modo, anche un paragrafo della tesi).<br /> Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-79545850713991437842012-01-18T16:59:00.001+01:002012-03-30T16:55:01.724+02:00Internet on strikeQuesto post è breve e solo per segnalare che aderisco allo sciopero, indetto per oggi, 18 gennaio 2012, per protestare contro il disegno di legge del Governo Obama <em><a href="http://www.opencongress.org/bill/112-h3261/show" target="_blank">Stop Online Piracy Act (Sopa)</a> </em>non oscurando il sito, ma cercando, nel mio piccolissimo, di contribuire a diffondere la consapevolezza su questa manovra illiberale e antidemocratica. Segnalo, per caprine di più, <a href="http://www.leggioggi.it/2012/01/18/quattro-buone-ragioni-per-protestare-contro-sopa-e-pipa/" target="_blank">l'articolo</a> dell'amico <a href="http://blog.ernestobelisario.eu/" target="_blank">Ernesto</a> con tutti i rimandi e i link per approfondire e l'<a href="http://www.repubblica.it/tecnologia/2012/01/18/news/sciopero_wikipedia_sopa-28352250/?rss" target="_blank">articolo</a> di Repubblica.it. Una pagina per tutte: la <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale" target="_blank">homepage di Wikipedia</a>.Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-26544760137703718022012-01-11T20:59:00.001+01:002012-03-30T16:55:01.734+02:00Leggo, rileggo, posto, non posto<span style="line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Buon proposito per il 2012 e per gli anni a venire (Maya e profezie varie permettendo). Raccolgo, sottolineo e sposo in pieno, dalla prima all'ultima lettera, quanto contenuto in un recente <a href="http://www.catepol.net/2011/12/30/blog-blogger-blogosfera-social-network-e-risorgiblog/#axzz1jAOM2Np2" target="_blank">post di Caterina</a></span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">. Nonostante abbia scritto quasi niente nell'ultimo anno (basta vedere l'archivio), ho letto molto, moltissimo, soprattutto dai feed di "<em>Google Reader</em>", ma non solo. L'ho fatto per interesse, per lavoro, per piacere, per approfondimenti, poco per "ricerca", insomma per i motivi più disparati. L'ho fatto sempre, quasi quotidianamente, tra una cullata e un'altra, mentre la bambina dormiva, in tarda serata, nella tranquillità del silenzio pomeridiano, durante i giorni di festa. Ci tengo a affermarlo con forza (e aggiungo pure la doppia sottolineatura): i blog non possono e non devono morire. E' vero che i <em>social</em> godono di percentuali "bulgare" in termini di presenza e presenze, ma come dice Caterina, è dai blog che parte tutto. Post lunghi, corti, articolati, logorroici, pillole; nessuno potrà distogliermi dall'idea che i blog rimangano ancora lo strumento più efficace per affermare il democratico diritto di ogni singolo di poter esprimere, in modo compiuto s'intende, il proprio pensiero. Per questo, il mio buon proposito parte con questo post: riprendermi il mio blog, soprattutto per il piacere che mi dà di scrivere e poter dire (uso il temine "dire" non a caso) al mondo le mie sensazioni, i miei dubbi, i miei approfondimenti, le mie storie. Questo avviene dopo mesi di "rigetto" psico-fisico causato dalla genesi del blog stesso che vedeva la luce come spazio in cui annotavo, descrivevo, appuntavo, mano a mano che prendevo coscienza di una serie di fenomeni legati alla ricerca per il dottorato. Discussa la tesi, ho avuto quello che definisco "fisiologico rilascio delle membra" (e aggiungo di una parte dei neuroni). Dopo tre anni, decine e decine di libri e centinaia fra post e articoli letti, analisi statistiche di questionari, il mio cervello ha, consapevolmente, staccato la spina. Ogni volta che tentavo di entrare nell'area utenti per scrivere, tac scattava, parafrasando e amplificando Krashen, "il filtro affettivo". Me lo aspettavo. Mi succedeva a scuola (dopo una interrogazione ardua o un compito in classe sfibrante), all'università (dopo tutti gli esami), durante la pirotecnica ricerca di un posto di lavoro (dopo ognuno dei tanti concorsi a cui ho partecipato). Era inevitabile che accadesse anche per il PHD. In compenso, però, e in modo abbastanza prevedibile, aggiungo, sono stato molto attivo sul mio profilo "Feisbuc" (sempre da Caterina), con una concreta avversione per le note (tranne in alcuni casi molto particolari, come il battesimo di mia figlia). Ora, però, mi sono ricaricato, forse non del tutto, forse sono al 50/60 %, ma tanto basta per riprendere. Per questo, sto lavorando anche alla re-impostazione del blog che avrà una portata più ampia oltre ai temi di didattica, formazione e tecnologie. L'unico inghippo, per ora, è il titolo. Ci sto pensando, ma, ovviamente, qualunque suggerimento è ben accetto.</span></span><br /><br /><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">E ora i consueti appunti ("vizio" che non perderò):</span><br /><br /><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">- tramite </span><a href="http://www.giannimarconato.it/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Gianni Marconato</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">, segnalo "</span><a href="http://www.didasfera.it/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Didasfera</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">", (dalla homepage del sito) "ambiente di apprendimento, una biblioteca navigabile, una mappa semantica, un radar culturale (...)</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">, un’agenda ma pure un network, un diario di bordo, uno strumento di condivisione e altro ancora", e l'<a href="http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/01/10/relazioni-digitali-amici-nuovi-legami-internet-aumenta.html" target="_blank">intervista</a> ad Antonio Casilli su relazioni digitali, amici e nuovi legami Internet, condita con le <a href="http://www.giannimarconato.it/2012/01/relazioni-digitali/" target="_blank">annotazioni puntuali</a>, sempre di Gianni Marconato;</span><br /><br /><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">- una serie di articoli su esperienze relative al progetto "</span><a href="http://www.scuola-digitale.it/classi-2-0/il-progetto/introduzione-2/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Cl@ssi 2.0</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">" contenuti nella rivista online "</span><a href="http://bricks.maieutiche.economia.unitn.it/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Bricks</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">";</span><br /><br /><span style="font-family: Verdana;">- il numero di aprile/maggio della rivista online <a href="http://formare.erickson.it/wordpress/it/category/2011/n-75-aprilemaggio/" target="_blank">Form@re</a> interamente dedicato al microblogging e alle implicazioni nella didattica; così come un <a href="http://www.corriere.it/cronache/12_gennaio_09/tweetscuola_7ad1cd8c-3ac3-11e1-8a43-34573d1838c1.shtml" target="_blank">articolo</a> del Corriere della Sera sull'utilizzo di Twitter nelle scuole francesi;</span><br /><br /><span style="font-family: Verdana;">- il <a href="http://www.freetech4teachers.com/2011/12/15-things-teachers-students-can-do-with.html" target="_blank">post</a> di Richard Byrne su alcune attività che si possono realizzare con <a href="http://www.edmodo.com/" target="_blank">Edmodo</a>, il sistema di microblogging appositamente programmato per insegnanti e studenti.</span><br /><span style="font-family: Verdana;"> </span>Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-40199323618292978612011-04-27T10:55:00.001+02:002012-03-30T16:55:01.744+02:00PHD, finalmente!!!Come è noto, non amo molto l'autoreferenzialità, ma l'occasione è importante, ovviamente dopo la nascita di mia figlia. Al termine di tre anni di duro lavoro e svariate difficoltà, sono giunto alla tanto agognata meta del Dottorato di ricerca in <em>E-learning & knowledge management</em>. <br /><br />Embedo, di seguito, la presentazione del lavoro effettuata in sede di discussione della Tesi, presso l'<a href="http://www.unimc.it/">Università degli Studi di Macerata</a>, il 14 aprile 2011.<br /><br /><div id="__ss_7748406" style="width: 425px;"><iframe frameborder="0" height="355" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="http://www.slideshare.net/slideshow/embed_code/7748406" width="425"></iframe> <br /><div style="padding: 5px 0px 12px;"></div></div>Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-79650134728112487092011-03-17T15:15:00.001+01:002012-03-30T16:55:01.754+02:00Back again: riflessioni varieRiemergo dal mio semi-letargo digitale. Gli ultimi mesi sono stati molto intensi e hanno, di fatto, cambiato radicalmente la mia vita e quella della mia famiglia. Prima i lavori in casa, poi la corsa per ultimare la Tesi di Dottorato entro la scadenza e, soprattutto, la nascita della mia primogenita Francesca Pia, il 31 gennaio 2011. In questo momento, mentre scrivo per il blog, con la mano sinistra (a fatica) digito sulla tastiera, mentre con la destra la cullo, tentando di farla addormentare: il digitale si interseca con il quotidiano. Lo spunto per questo post mi è venuto leggendo un articolo della sezione Basilicata dell'edizione cartacea del quotidiano "<a href="http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/">La Gazzetta del Mezzogiorno</a>", di sabato 12 marzo. Il pezzo riporta la presentazione dei risultati dell'indagine<i> </i>"<a href="http://www.sip.it/?p=287" style="font-style: italic;">Abitudini e stili di vita degli adolescenti italiani</a>", a cura della "<a href="http://www.sip.it/">Società Italiana di Pediatria</a>", tenutasi presso l'<a href="http://www.icsinisgalli.it/">Istituto Comprensivo "Sinisgalli"</a> di Potenza (il raffronto tra dati nazionali e dati potentini è sul <a href="http://www.icsinisgalli.it/documenti_2011/marzo/indagine_adolescenti.pdf">sito</a> dell'Istituto). Lo studio è stato effettuato tra settembre e ottobre 2010, coinvolgendo un campione nazionale di circa 1300 studenti delle scuole medie inferiori, di età compresa tra i 12 e i 14 anni e somministrando loro un questionario durante l'orario scolastico. Tra le sezioni individuate, una è dedicata a "TV, Internet, videogiochi, cellulare". I dati fanno emergere un sostanziale "superamento" dell'utilizzo di Internet, rispetto alla televisione, per tempi inferiori a un'ora e superiori alle tre al giorno; durante i pasti principali e dopo cena la televisione la fa ancora da padrone, mentre di pomeriggio è altissima la percentuale dei ragazzi che usano della Rete. A Potenza, il 71,6% degli intervistati ha dichiarato di avere un profilo su Facebook (la percentuale nazionale si attesta al 67,1); molto alte, in tutta Italia così come nel capoluogo lucano, sono le percentuali legate ai servizi usufruiti online, quali "YouTube", "scaricare e condividere musica, immagini, video", "utilizzare Facebook, Twitter, ecc". E', inoltre, interessante il dato relativo a "cercare informazioni": i potentini si attestano al 72,8%, percentuale superiore alla media nazionale pari al 67,5%. Oltre a considerare questa indagine come un ulteriore ennesimo tassello da inserire nella vasta discussione sulla <em>net generation, </em>con tutte le varianti connesse di <i>millennials</i>, <i>d</i><em>igital natives</em>, ecc. (una buona sintesi è nell'articolo "<a href="http://etcjournal.com/2011/03/10/7478/"><em>The 'Net Generation' and the myth of research</em></a>", segnalato, via Facebook, da Antonio Fini), è apprezzabile l'idea di utilizzare una scuola, alla presenza di insegnanti, genitori e studenti, per la presentazione dei dati di una ricerca di questo tipo, soprattutto per il dibattito che ne è poi scaturito. E' giusto coinvolgere tutti gli attori evitando, però, di cadere nell'errore di lanciarsi in facili generalizzazioni, magari senza aver mai toccato con mano le reali implicazioni della questione. Se da un lato, infatti, la Preside dell'Istituto ha affermato che "non si possono distogliere i ragazzi da Internet, ma guidarli a un uso consapevole e misurato", dall'altro gli interventi di alcuni genitori e dello stesso Dirigente Scolastico evidenziano ancora molte paure, dubbi e incertezze: in buona sostanza prevalgono gli aspetti "negativi", o presunti tali, rispetto agli innumerevoli vantaggi e possibilità, anche e soprattutto in termini educativi, che la Rete offre. La strada da seguire, comunque, è questa. Durante la ricerca di Dottorato, mi sono imbattuto in una forte esigenza, o meglio in un disperato bisogno, da parte dei docenti, di formazione specifica e non solo tecnologica, ma essenzialmente "tecno-pedagogica". Affiancare alle oramai innumerevoli ricerche legate ai ragazzi, al loro punto di vista, al loro "mondo" e alle loro "usanze" anche la "visuale" dei genitori e degli insegnanti, significa andare verso una cultura della condivisione degli obiettivi e delle aspettative di tutte le componenti del "sistema". Gli insegnanti devono essere maggiormente coinvolti, recuperando l'enorme bagaglio di esperienze sul campo da integrare con le potenzialità delle tecnologie di rete. Imporre dall'alto una serie di pratiche educative (si veda la "questione LIM"), una formazione solo tecnologica ("come si usa", "cosa fa", "funzioni e comandi" e così via), organizzare corsi e conferenze con esperti, ecc., sembra essere non più sufficiente. Soprattutto per bocca dei diretti interessati. Una parte cospicua dei docenti da me intervistati conosce i <i>social media</i>, o almeno ne ha sentito parlare. Al contrario, le domande che molti di loro si pongono sono del tipo: Come integro questi <i>tool</i> nella didattica d'aula? Come faccio a migliorare la mia progettazione educativa con l'ausilio delle tecnologie di rete? Cosa posso insegnare attraverso tali strumenti? E' tempo di operare una sorta di "controrivoluzione copernicana". Questo non significa riportare l'insegnante al centro del sistema, ma ripartire proprio da una ridefinizione del ruolo e delle competenze dei docenti per sfruttare tutte le potenzialità educative insite nelle tecnologie di rete. <br /><br />E ora alcune segnalazioni:<br /><br />- l'elenco delle pubblicazioni di Jane Hart, "<em><a href="http://janeknight.typepad.com/pick/2011/03/my-guides-to-using-social-media-1.html">My guides to using social media</a></em>", fornisce una serie di spunti interessanti per un utilizzo pratico delle tecnologie digitali e di rete nella didattica;<br />- l'ultimo <a href="http://formare.erickson.it/wordpress/it/category/2011/n-74-febbraio/">numero</a> di Form@re, dedicato al microblogging e ad alcune esperienze europee sull'uso didattico dei <em>social network</em>;<br />- un <a href="http://lifefeast.blogspot.com/2011/02/10-tasks-challenge.html">elenco di attività</a> per potenziare le abilità legate alla comprensione e produzione orale e alla produzione scritta in lingua straniera, utilizzando una serie di <em>web tool</em> (dal blog di Ana Maria Menez).<br /><br />Infine, embedo l'ultimo video di Michael Wesch, in cui il ricercatore rielabora e attualizza alcuni dei temi da lui trattati nei suoi precedenti lavori.<br /><br /><br /><iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="390" src="http://www.youtube.com/embed/5Xb5spS8pmE?rel=0" title="YouTube video player" width="480"></iframe>Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-91318505673375050122010-08-12T16:51:00.001+02:002012-03-30T16:55:01.764+02:00Il fattore “P”Dove la “P” sta per pigrizia intellettuale, direttamente proporzionale alla diffusione del fattore “G”, il fattore “Google”. Se ne discute su vari blog da tempo, ma adesso che anche un giornale di elevato spessore e caratura se ne è occupato, speriamo che l’attenzione continui a salire su su fino alle sfere istituzionali. E già, perché l’articolo in questione ha un titolo cristallino “<a href="http://www.repubblica.it/tecnologia/2010/08/09/news/google-dipendenti_e_copioni_bocciati_i_giovani_sul_web-6143791">G-dipendenti e copioni. Bocciati i giovani sul web</a>” e prende le mosse da uno studio (<em><a href="http://ijoc.org/ojs/index.php/ijoc/article/view/636/423">Trust Online: Young Adults' Evaluation of Web Content</a></em>) di alcuni ricercatori della <em><a href="http://www.northwestern.edu/index.html">Northwestern University</a> </em>di Chicago, pubblicato sulla rivista <a href="http://ijoc.org/ojs/index.php/ijoc">“<em>International Journal of Communication</em>” (Vol 4 2010)</a>. La ricerca ha interessato circa un migliaio di giovani americani tra i 18 e i 20 anni e ha messo in luce alcune “inquietanti” tendenze (così vengono definite dall’articolista) che, in breve, possono essere così riassunte: la rete è lo strumento maggiormente utilizzato per le ricerche; l’attendibilità di quanto trovato e delle fonti non è una questione avvertita come necessaria; i motori di ricerca sono assurti a dispensatori di verità assolute e indiscutibili; scarsa conoscenza dei principi regolatori degli algoritmi di ricerca (<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/PageRank">PageRank</a> di Google, per esempio, che indicizza i siti in base ai collegamenti con altri indirizzi IP); affidamento immediato sul primo risultato, in ordine di apparizione, sulla pagina del motore di ricerca utilizzato; scarsa capacità di discernere tra pubblicità e link in primo piano; indifferenza verso gli autori dei materiali reperiti online; maglie larghe nei confronti del “<em>cut & paste</em>” selvaggio, effettuato con disinvoltura. Da quanto appena scritto, si capisce come siamo di fronte a un bel “fritto misto”, un insieme delle abitudini più “scorrette” da un punto di vista di etica online o <em>netiquette</em> della ricerca. Partendo dal problema del “copia e incolla”, non mi soffermerei solo sulla “seria violazione delle regole scolastiche”, come scritto nell’articolo. Anzi, direi, che a cascata tale questione si porta dietro le altre e il titolo del post. Andare alla ricerca delle fonti, capire se quanto trovato è di qualità oppure no, verificare, approfondire non deve essere concepita come una pratica da “secchioni” (come per es. non fermarsi mai alla prima definizione o traduzione reperita su un vocabolario italiano o di lingua straniera). Dovrebbe essere la normale prassi che motiva e stimola la curiosità intellettuale. Aspetto questo che ha fatto dell’<em>homo sapiens sapiens</em> ciò che è oggi (con tutte le inevitabili eccezioni, ovviamente). Nell’articolo è scritto che “in tanti si affidano acriticamente ai grandi marchi e a rotte di navigazione già percorse, rinunciando al brivido della scoperta a vantaggio della pigrizia mentale” (è chiaro come lo spunto per il titolo del post sia venuto da quest’ultima espressione). Come non essere d’accordo. Su vari blog, compreso questo, si è spesso dibattuto della necessità di un uso consapevole della tecnologia e dei mezzi offerti dalla rete. Il problema è sempre lì: i nativi digitali hanno fra le mani strumenti preziosi, ma di cui conoscono o hanno imparato a conoscere solo una piccolissima parte. Gli immigrati digitali se da un lato hanno sempre il fiato grosso per stare dietro al vorticoso correre della <em>net generation</em>, dall’altro hanno il background culturale per vedere oltre la tecnologia e ravvisare le potenzialità degli artefatti tecnologici che repentinamente si trasformano attorno a noi. La pigrizia però non è solo dei nativi, ma anche degli immigrati. Troppo scomodo provare, sperimentare e rimettersi in discussione. Speriamo solo che l’articolo di Repubblica non diventi la solita arma a doppio taglio, per i pigri, per affettare e impacchettare il futuro. Un’ultima chiosa sul concetto di diritti d’autore. In un <a href="http://linguelearning.blogspot.com/2010/05/la-conoscenza-come-bene-comune.html">altro post</a> ho argomentato sulla necessità della “conoscenza come bene comune” e mi sento di affermare che, sulla questione dei “diritti d’autore” o del “copyright”, non condivido posizioni catastrofiche, censorie o millenariste. Michael Wesch, nel suo video “<a href="http://www.youtube.com/watch?v=NLlGopyXT_g">The machine is us</a>” ci suggerisce di rivedere e ripensare alcuni concetti quali “copyright, identità, etica, estetica, retorica, governo, privacy, commercio, amore, famiglia, noi stessi”. Sono sempre più d’accordo con lui e continuerò a supportare e difendere il motto “libera conoscenza in libero mondo” perché, come dicono Charlotte Hess e Elinor Ostrom nell’introduzione al loro <a href="http://www.brunomondadori.com/scheda_opera.php?ID=3303">libro</a>, “la conoscenza genera vantaggi per tutti nella misura in cui l’accesso a tale patrimonio sia aperto a tutti”. Dimenticavo. L’indagine della <em>Northwestern University </em>si riferisce a giovani americani. Domanda: ma siamo sicuri che, in Italia, le cose stiano diversamente? Da quello che vedo e sento una risposta, forse, l’ho già in mente.Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-12603403486304176612010-07-23T12:52:00.001+02:002012-03-30T16:55:01.774+02:00Nuovi abitanti antiche questioni<span class="Apple-style-span" style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">Palinuro (SA). Ore 11:50. Vacanze, mare cristallino, cielo limpido, sole, ottimo cibo, l'amico Conrad sotto l'ombrellone e area wi-fi. E già: ormai tutti, o quasi tutti, i villaggi, campeggi, alberghi, e così via, hanno la loro brava "wi-fi zone" e i clienti, me compreso, sembrano apprezzare molto il servizio. Da qualche anno, tra le innumerevoli cose da portare in vacanza, non mancano uno o addirittura più portatili, cellulari smartphone, IPhone (fra poco IPad) e chi più tecnologia ne ha più ne metta. Avrei voluto prendermi una vacanza dalla stessa (come suggerisce Ernesto, segnalando l'articolo "</span></span><i><a href="http://blogs.hbr.org/ashkenas/2010/07/take-your-vacation---please.html?utm_source=%20%20feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+harvardbusiness+(HBR.org)&utm_content%20%20=Twitter"><span class="Apple-style-span" style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">Take Your Vacation - Please</span></span></a></i><span class="Apple-style-span" style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">"), ma vuoi per la tesi di Dottorato, vuoi perché nell'area wi-fi del Villaggio ci sono più portatili che tavolini, non ci sono riuscito completamente (con mio grande rammarico). Ieri ho assistito a due scene / situazioni, a mio avviso emblematiche. La prima rappresenta, forse più di libri, articoli, post e quant'altro, l'evoluzione dell'</span></span><i><span class="Apple-style-span" style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">homo sapiens sapiens</span></span></i><span class="Apple-style-span" style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;"> a </span></span><i><span class="Apple-style-span" style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">homo connecticus</span></span></i><span class="Apple-style-span" style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">. Sedute a un tavolino ho visto una ragazza, di circa quindici anni, che navigava (e chattava) con disinvoltura; al suo fianco la nonna che ricamava all'uncinetto con espressione rilassata. Nessuna delle due, con molta probabilità, aveva la benché minima idea di quello che faceva l'altra, ma davano l'impressione che una serena coesistenza tra i due "mondi" è possibile. Quasi contemporaneamente, due bambini, 9/10 anni uno 5/6 anni l'altro, si sono avvicinati e mi hanno chiesto aiuto per collegare un portatile alla presa della corrente. Da bravo futuro papà mi sono prodigato e poi, ingenuamente, ho chiesto se avevano bisogno di altro per utilizzare il PC (il sole mi aveva dato alla testa). L'ovvia risposta del grande è stata: "no, grazie: so benissimo cosa fare". Consapevole della gaffe, ho girato i tacchi e con la coda dell'occhio ho scorto il piccolo che maneggiava con sicurezza uno smartphone di ultimissima generazione. Nel frattempo, però, mi sono reso conto, con un'intuizione fulminea, che non c'erano i genitori in giro. Risultato: i due bimbi hanno continuato a stare lì per un'oretta buona, finché il piccolo non ha detto di avere fame. Allora, altro aiutino per staccare la presa e via verso la pasta asciutta. Non è una favola di LaFontaine, ma forse gli assomiglia, adattata naturalmente al XXI secolo. Non c'è morale da cercare, c'è solo da fare qualche considerazione. Come scrive Giorgio Jannis sul Blog </span></span><a href="http://nuoviabitanti.blogspot.com/2010/07/bambini-e-social-network.html"><span class="Apple-style-span" style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">Nuovi Abitanti</span></span></a><span class="Apple-style-span" style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">, "</span></span><span class="Apple-style-span" style="color: #333333; line-height: 18px;"><span class="Apple-style-span" style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">i bambini sanno cosa fare su internet. Guardano Youtube, hanno i loro siti preferiti per giocare, vanno a cercare informazioni sui cartoni animati preferiti o su Harry Potter o Lady Gaga, conoscono Wikipedia. </span></span></span><span class="Apple-style-span" style="color: #333333; line-height: 18px;"><span class="Apple-style-span" style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">A partire dalle scuole medie, o anche per quelli di quarta e quinta elementare, il riferimento nei loro discorsi a cose viste in Rete è costante, il web è un Luogo abitato, e tanto quanto a quell'età espandono il loro orizzonte verso il vicinato e i gruppi di amici, così esplorano territori indifferentemente fisici o digitali". Questo significa che diventa imprescindibile un'educazione ai media, prima per genitori e insegnanti, in modo che siano in grado di dare ai propri figli / alunni le giuste coordinate per utilizzare al meglio i nuovi strumenti. L'assenza dei genitori dei due bambini non va vista come un'illuminata lungimiranza tendente all'indipendenza dei pargoli, quanto piuttosto una censurabile negligenza: l'impressione che ho avuto (in stridente contrasto con la scena precedente) è che il portatile e lo smartphone rischiano di sostituire il ruolo che aveva la TV fino a una generazione fa e cioè surrogato della presenza parentale (inoltre qualcuno, emulando Popper, potrebbe poi scrivere un saggio dal titolo "Cattivo maestro computer"). Il rischio principale è soprattutto di sprecare l'enorme chance di far acquisire ai nostri figli / alunni le corrette </span></span></span><span class="Apple-style-span" style="color: #333333; line-height: 18px;"><span class="Apple-style-span" style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span class="Apple-style-span" style="font-size: small;">competenze digitali per (cito ancora Jennis) "renderli Abitanti anche del nuovo mondo immateriale, il web in cui vivono a pieno diritto".</span></span></span>Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-40681596139683318222010-07-07T16:13:00.001+02:002012-03-30T16:55:01.785+02:00Google for teachersMini-post per informare di un bel lavoro di <a href="http://www.freetech4teachers.com/">Richard Byrne</a>: <em><a href="http://content.yudu.com/Library/A1oai5/GoogleforTeachersII/resources/index.htm?referrerUrl=http%3A%2F%2Fwww.freetech4teachers.com%2F2010%2F07%2Fgoogle-for-teachers-ii-free-33-page.html">Google for teachers II</a></em>. Si tratta della seconda versione pubblicata. E' una guida rapida e maneggevole, in inglese, che illustra, passo dopo passo, come utilizzare tutte le applicazioni di Google, in ottica educativa e formativa. Materiale molto utile per tutti gli insegnanti che vogliano cimentarsi utilizzando <em>tool </em>gratuiti e intuitivi. Il post va nell'ottica e nella direzione dei <a href="http://www.catepol.net/2010/06/29/44-gatti-si-unirono-compatti/#axzz0t0OpBo2e">44 gatti di Catpol</a> (cito e condivido appieno): "abilitare all’uso attivo, partecipato o anche solo utile di strumenti e canali a disposizione di tutti, nessuno escluso". Fuori dal piccolo orticello privato e dentro il mondo. Di conseguenza, partire da insegnanti ed educatori potrebbe essere un buon inizio.Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-91132208705285187702010-06-26T12:50:00.001+02:002012-03-30T16:55:01.796+02:00Change happens everywhereEmbedo, via <a href="http://www.catepol.net/2010/06/25/change-happens-e-i-numeri-impressionanti-di-internet-oggi/#axzz0rxGNm1sk">Catepol</a>, un bel video sui repentini cambiamenti che Internet ha portato negli ultimissimi anni. Il filmato è in inglese e inizia con una serie di confronti che danno immediatamente l'idea di ciò che succede ora, nel presente (il passaggio da: i media analogici a quelli digitali, il comando e il controllo, alla comunicazione e alla collaborazione, la produzione di massa alla produzione tra pari, innovazioni chiuse a innovazioni aperte), e continua con una serie di numeri veramente impressionanti. Da vedere. Mi permetto, inoltre, di segnalare uno strumento utilissimo, soprattutto nell'ambito della didattica delle lingue straniere: <a href="http://www.edocza.com/">Edocza</a>. Il servizio dà la possibilità di rintracciare e scaricare documenti in vari formati e in numerose lingue. Infine, per portare un ulteriore contributo al tema già discusso qui sulla <a href="http://linguelearning.blogspot.com/2010/05/la-conoscenza-come-bene-comune.html">conoscenza come bene comune</a> e sempre nell'ottica dei cambiamenti che l'evoluzione di Internet sta portando nel mondo, consiglio di leggere l'<a href="http://creativecommons.org/weblog/entry/22470">intervista</a> a <a href="http://wikieducator.org/User:Mackiwg">Wayne Mackintosh</a>, fondatore di <a href="http://wikieducator.org/Main_Page">WikiEducator</a>. Il tema è l'importanza delle licenze di tipo <em><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Creative_Commons">Creative Commons (CC)</a></em> come vantaggio competitivo nel campo della formazione e dell'educazione nel mondo digitale, il cui principio motore dovrebbe essere: condividere la conoscenza gratuitamente. Secondo Wayne, le licenze CC sono "l'aria che il movimento <a href="http://www.oercommons.org/">Open Educational Resources (OER)</a> respira. Sono il facilitatore legale per affrontare il complesso tema della proprietà intellettuale nel campo dell'educazione e della formazione, aiutandoci a spostarci da una cultura restrittiva a una libera e aperta". E' da rimarcare che uno degli obiettivi di WikiEducator è "sviluppare risorse digitali libere e gratuite da mettere a disposizione per supportare tutti i curricoli nazionali entro il 2015". In Nuova Zelanda sono già partiti con un'iniziativa sperimentale, chiedendo la collaborazione degli insegnanti per lo sviluppo e l'aggiornamento dei materiali, tramite il progetto <a href="http://wikieducator.org/OERNZ">OERNZ</a>. Change happens now!<br /><br /><br /><object height="295" width="480"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/Naf0jxDd-R0&hl=it_IT&fs=1"><param name="allowFullScreen" value="true"><param name="allowscriptaccess" value="always"><embed src="http://www.youtube.com/v/Naf0jxDd-R0&hl=it_IT&fs=1" width="480" height="295" allowScriptAccess="never" allowFullScreen="true" wmode="transparent" type="application/x-shockwave-flash"></embed></object>Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-54099051160326380462010-06-21T15:51:00.001+02:002012-03-30T16:55:01.806+02:00Web tools per la didattica e altri spunti<div>Segnalo un bel lavoro di Ana Maria Menezes, insegnante di EFL (<em>English as a Foreign Language</em>) in Brasile, dal titolo: <em>Web tools applied to teaching</em>. E' un breve compendio in cui l'autrice elenca una serie di strumenti <em>web-based </em>e di tipo <em>free </em>da utilizzare nella didattica, soprattutto delle lingue straniere. Ogni scheda è corredata da esempi, proposte operative in aula e fuori e <em>skill </em>linguistiche coinvolte. Premesso che sono un convinto sostenitore delle risorse a disposizione di chiunque e utilizzabili da qualunque postazione, in un'ottica di <em>lifelong learning</em>, il lavoro di Ana Maria mi sembra un'ottimo punto di partenza per quanti desiderino aprire le proprie prospettive e percorrere nuove strade per innovare la didattica.<br /><br /><embed align="middle" allowfullscreen="true" flashvars="mode=embed&layout=http%3A%2F%2Fskin.issuu.com%2Fv%2Flight%2Flayout.xml&showFlipBtn=true&documentId=100613133615-0c1e73ef3f79424f97c41ea5b040b465&docName=webtoolsappliedtoteaching&username=anamariacult&loadingInfoText=WEBTOOLS%20applied%20to%20teaching&et=1276966464551&er=30" menu="false" name="flashticker" quality="high" salign="l" scale="noscale" src="http://static.issuu.com/webembed/viewers/style1/v1/IssuuViewer.swf" style="height: 272px; width: 420px;" type="application/x-shockwave-flash"></embed><br /><div style="text-align: left; width: 420px;"><a href="http://issuu.com/anamariacult/docs/webtoolsappliedtoteaching?mode=embed&layout=http%3A%2F%2Fskin.issuu.com%2Fv%2Flight%2Flayout.xml&showFlipBtn=true" target="_blank">Open publication</a> - Free <a href="http://issuu.com/" target="_blank">publishing</a> - <a href="http://issuu.com/search?q=webtools" target="_blank">More webtools</a></div><br />Embedo, di seguito (sempre nell'ottica di: blog = anche raccolta di appunti personali), una bella e sintetica presentazione sul tema del PLE (<em>Personal Learning Environment</em>), sul quale a breve scriverò un post più articolato.<br /><br /><div id="__ss_4029277" style="width: 425px;"><strong style="display: block; margin: 12px 0px 4px;"><a href="http://www.slideshare.net/ibuchem/definitions-of-personal-learning-environment-ple-4029277" title="Definitions of Personal Learning Environment (PLE)">Definitions of Personal Learning Environment (PLE)</a></strong><object height="355" id="__sse4029277" width="425"><param name="movie" value="http://static.slidesharecdn.com/swf/ssplayer2.swf?doc=definitionsple-100509152837-phpapp02&stripped_title=definitions-of-personal-learning-environment-ple-4029277" /><param name="allowFullScreen" value="true"/><param name="allowScriptAccess" value="always"/><embed name="__sse4029277" src="http://static.slidesharecdn.com/swf/ssplayer2.swf?doc=definitionsple-100509152837-phpapp02&stripped_title=definitions-of-personal-learning-environment-ple-4029277" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="355"></embed></object><br /><div style="padding: 5px 0px 12px;">View more <a href="http://www.slideshare.net/">presentations</a> from <a href="http://www.slideshare.net/ibuchem">Ilona Buchem</a>.</div></div><br />Infine, chiudo segnalando il post di Pier Cesare Rivoltella, <a href="http://piercesare.blogspot.com/2010/06/con-un-pomeriggio-di-convegno-si.html">Scuola del futuro?</a>, contenente una serie di interessanti spunti di riflessione, a seguito di un progetto annuale sviluppato in alcune scuole. I filoni da lui individuati sono essenzialmente tre: mind the gaps (importanza di tenere conto delle distanze / differenze, per esempio quelle tra nativi digitali e docenti); considerare la complessità (quindi progettare bene i passaggi per inserire le tecnologie in aula in modo proficuo); frequentare i confini (abbandonare i punti di vista puri, ma, per esempio, iniziare a tener conto anche degli incroci e delle contaminazioni tra saperi).<br /><br /></div>Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-37376247559085733642010-06-05T18:52:00.001+02:002012-03-30T16:55:01.818+02:00A proposito di buona educazioneE' sempre stata una prassi quando ero bambino (e poi anche dopo), nella mia famiglia e credo in moltissime altre, ascoltare le raccomandazioni dei "grandi" prima di andare da qualche parte, soprattutto se dovevamo avere a che fare con "altre persone". Ci sembravano petulanti, noiose, ripetitive, inutili. Qualcuna la rispettavamo, qualcun'altra no, sperando di sfuggire agli occhi vigili dei controllori e godendo del gusto peccaminoso del proibito: disubbidire a ordini metodicamente impartiti. Crescendo, ovviamente, ci siamo resi conto dell'importanza di alcuni atteggiamenti da tenere in società, non quella dei romanzi di Tolstoj o di Balzac, ma la comunità in cui viviamo, lavoriamo, ci divertiamo, ma soprattutto dove abbiamo la fortuna di confrontarci, quotidianamente, con altre "unità carbonio" (concedetemi questa licenza dal film <em><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Star_Trek:_Il_film">Star Trek</a> </em>del 1979), dotate di una loro intelligenza, di una loro visione del mondo, di una loro sensibilità: insomma del loro carattere. Alla fine ci siamo resi conto della crucialità del concetto di "rispetto", anche se, con buona pace della coerenza, lo pretendiamo nei nostri confronti, ma fatichiamo molto a concederlo a chi ci sta di fronte. Scrivo ciò dopo aver letto, almeno tre volte, il bellissimo <a href="http://www.sergiomaistrello.it/2010/06/04/a-te-che-sei-nuovo-di-qui/">post</a> di Sergio Maistrello. Commentando lo scritto, ho promesso che avrei diffuso, da questo blog, le sue parole, invitando a leggerle anche nelle scuole; magari dal prossimo settembre visto che ormai l'anno si è virtualmente concluso. Sergio ci fornisce un decalogo, in versione beta, su ciò che implica scrivere, condividere e vivere online. Le Rete offre immense opportunità, ma spesso dimentichiamo che Internet non è una zona franca dove è sufficiente avere un avatar, uno pseudonimo, una faccia qualunque per potersi dissimulare e, quindi, calpestare, magari non intenzionalmente, le regole più elementari della vita sociale. Cito ancora Sergio: "ci sono milioni di persone, là fuori, che pensano di guidare un triciclo al parco giochi e non si rendono conto di essere invece al volante di un bolide in autostrada. Possono farsi male e possono fare del male agli altri. Nella più assoluta buona fede, sono inconsapevoli della dimensione in cui stanno operando e delle ripercussioni delle loro azioni sociali. Strumenti come Facebook richiedono ai loro utenti di maturare in pochi giorni un’alfabetizzazione alla socialità digitale che noi più fortunati pionieri della socialità digitale abbiamo invece avuto modo di sviluppare nel corso degli anni". E' maledettamente vero. In questo blog si è sottolineata più volte l'importanza di un'educazione consapevole alle tecnologie. Soprattutto per quanto riguarda quelle della "comunicazione", cioè tutti i mezzi che permettono un contatto trasversale e immediato con chiunque e una condivisione quasi illimitata. I link si incrociano in una <em>spaghetti junction </em>inestricabile con il risultato di ingigantire, ogni secondo di più, l'immenso ipermedia che è la Rete o meglio che sono le reti, comprese quelle di interazione sociale che si creano e si disgregano con estrema facilità. Molti hanno teorizzato di una frantumazione dei confini geografici degli Stati a vantaggio di un'umanità trasversale, costituita da masse che si aggregano e si spostano in continuazione, seguendo rotte variegate. In questo quadro, mi sento di sottolineare con grande convinzione, tra i dieci spunti, il nono che così recita: "Sei nodo in una rete, anello in una catena. Ogni tua azione ha una conseguenza, seppur minima, a livello di sistema. Sei libero di pensare, esprimere e condividere quello che ti pare: quello che ci si aspetta da te è che sia quanto meno un’azione consapevole e ponderata". Di conseguenza, tutti i piccoli ingranaggi della catena hanno la propria dignità e un potere rilevante. Il riferimento di Sergio mi fa venire in mente una celebre variazione al tema del cosiddetto <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Effetto_farfalla">effetto farfalla</a>: "il minimo battito d’ali di una farfalla è in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo". Nel nostro caso specifico, il concetto può essere applicabile a un anonimo individuo (uno come noi), chiuso nella sua stanza, in uno sperduto paesino dei nostri monti che, in pochi clic, entra in contatto con centinaia, migliaia di persone, con la possibilità di scrivere qualunque cosa in grado di influenzare pesantemente il loro modo di essere e di vivere. Ecco perché, e lo ribadisco ancora una volta, è necessario che le Istituzioni si concentrino sul mondo frequentato dai nativi digitali e sulle loro abitudini che, è bene ricordarlo sempre, sono molto, molto distanti dai modelli educativi e comportamentali attuali. Insisto e continuerò a insistere sul ruolo strategico della Scuola che deve tornare a essere palestra di vita e di speranza. I ragazzi non hanno bisogno di <em>magistri</em>, bensì di insegnanti capaci di guidarli in maniera costruttiva e aiutarli nel padroneggiare le possibilità offerte dagli attuali strumenti a disposizione. Guardando al futuro e non ripiegandosi sul presente. Le nozioni possono essere apprese in molti contesti e in molti modi; le strategie migliori "per imparare" in maniera proficua, produttiva e continua, no. C'è bisogno di questo. La ricetta non è complicata e il fiume da guadare non è poi così profondo. Ci vuole coraggio. Ce lo chiedono i nostri figli.Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-44286087097531223112010-05-25T18:14:00.001+02:002012-03-30T16:55:01.829+02:00L'apprendimento è sociale?Ho seguito con interesse una diatriba oltre oceano sulla natura dell'apprendimento: c'è <a href="http://budtheteacher.com/blog/2010/05/12/learning-is-social-it-just-is/">chi</a> sostiene che si tratti di una pratica essenzialmente sociale e <a href="http://eltnotes.blogspot.com/2010/05/social-learning.html">chi</a>, invece, afferma l'esatto contrario. A parte la mia naturale repulsione verso posizioni troppo rigide che non contemplino una scala di grigi, credo che la questione non sia da porre in termini di “contrapposizione tra guelfi e ghibellini”, né di asserzioni nette. Le mie riflessioni, ovviamente, sono da considerarsi nell'ottica della glottodidattica e delle dinamiche sottese all'acquisizione / apprendimento di una o più lingue straniere. In breve, la mia idea è che l'apprendimento sia, prevalentemente, una pratica sociale, ma anche che una componente di riflessione o meta-riflessione di natura personale o "privatistica" contribuisca a completare il processo in maniera efficace. Una lingua è “un mezzo per raggiungere scopi, un’espressione di un rapporto di ruolo sociale, un indicatore di appartenenza a un gruppo, un’espressione di una cultura, uno strumento del pensiero e uno strumento di espressione” (Balboni, 2002, p. 59-60). L’acquisizione/apprendimento di una lingua straniera si caratterizza, di conseguenza, per essere un processo sociale, basato sul contenuto e sulla “lingua reale”, che si sviluppa nell’interscambio con il mondo e le persone. Il primo riferimento alla dimensione sociale della lingua è dell’inglese John Rupert Firth che, già negli anni ’30 del XX secolo, teorizzava una filosofia del linguaggio basata sullo stretto rapporto tra lingua, cultura e società. Inoltre, sosteneva che la lingua andasse studiata nella sua accezione di fenomeno sociale e, di conseguenza, in situazioni reali d’uso. Successivamente, negli anni ’60, Dell Hymes introdusse il concetto di competenza comunicativa, mentre, qualche anno dopo, M.A.K. Halliday (1978) focalizzò la sua attenzione sulla funzione sociale del linguaggio. Di recente, il cosiddetto approccio socio-glottodidattico, ha come finalità quella di “sviluppare nei discenti una sensibilità socio-linguistica che consenta loro di diventare sempre più indipendenti nella comprensione e nella gestione dell’uso sociale della lingua” (Santipolo, 2010). Da quanto appena illustrato, si evince che nella letteratura riferita alla ricerca sulla didattica delle lingue straniere, l'importanza del contesto sociale nell'acquisizione / apprendimento è stata ampiamente assodata e dimostrata. Uno dei problemi che, infatti, affligge costantemente il docente è la scarsa esposizione dei suoi studenti alla lingua target. Tant'è che la soluzione spesso proposta dagli educatori è consigliare un periodo di immersione totale nel paese di riferimento, dove sussistono le condizioni per un'acquisizione naturale (Krashen, 1982). La fase di elaborazione personale è, però, necessaria, per sedimentare e rendere acquisite le strutture incontrate. Ed è qui che diventa cruciale il compito del docente: fornire allo studente gli strumenti per creare il proprio percorso di apprendimento consapevole, al di fuori del contesto meramente scolastico, in un’ottica di <em>Lifelong and Lifewide Language Learning</em>. Uno studente autonomo è, infatti, capace di elaborare strategie meta-cognitive riguardanti le operazioni di progettazione, selezionare metodi e strumenti idonei per realizzare il proprio percorso, auto-valutarsi e rapportarsi agli altri in maniera cooperativa (capacità socio-affettive). In questo scenario le tecnologie e, di recente, soprattutto quelle di rete, possono contribuire a creare un ambiente di apprendimento, per le lingue straniere, motivante ed efficace in cui il discente può essere aiutato a potenziare le varie abilità linguistiche, ma anche a riflettere sulla lingua e sul suo continuo evolversi, sulle strutture, sulla cultura e sull’importanza di acquisire strategie utili e produttive sia nell’immediato sia in prospettiva.<br /><br />Embedo, di seguito, il video di David Truss, della durata di quattro minuti circa, sull'importanza di essere un networked teacher ("<em><a href="http://pairadimes.davidtruss.com/a-brave-new-world-wide-web/">A brave new world-wide-web</a></em>"). Segnalo una sua affermazione, riferita al rapporto tra insegnante e tecnologie, che dovrebbe essere spesso tenuta in considerazione: "<em>See the opportunities rather than the obstacles</em>" ("Vedi le opportunità e non gli ostacoli" o "Concentrati sulle opportunità e non sugli ostacoli").<br /><br /><embed src="http://blip.tv/play/g_cDzbUiAg%2Em4v" type="application/x-shockwave-flash" width="460" height="360" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true"></embed>Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6434268559991888169.post-14883192380391239522010-05-23T21:44:00.001+02:002012-03-30T16:55:01.840+02:00Barcamp InnovatoriPA 2010: un'occasione persa...per meRiflessioni su quello che avrei voluto dire e non ho detto, ma che ho pensato e penso da tempo, anche su spunti altrui.<br /><br />Questo post serve soprattutto a me per "esorcizzare" la delusione per non essere stato presente, per svariati motivi, all'<a href="http://barcamp.org/InnovatoriPA2010">evento</a>. Almeno sono riuscito a guardare lo <a href="http://www.ustream.tv/recorded/7034645">streaming</a> con le micro-presentazioni da 5 minuti della mattina del 19 maggio. L'entusiasmo, gli spunti, le idee, le suggestioni dei relatori e anche quelle che, di certo, saranno emerse durante i tavoli del pomeriggio dimostrano che c'è una grande vitalità tra gli Innovatori, risorsa importante e decisiva per ravvivare lo spento flusso di motivazioni all'interno della PA. Quest'ultima (da quella centrale, agli enti locali, al mondo della formazione e dell'istruzione) si muove e cambia rotta con la velocità di un bradipo, ma non credo potrà continuare a fare a meno in eterno dei fermenti che provengono dal gruppo Innovatori. Il nostro paese soffre di molteplici croniche contraddizioni tipicamente "italiche": da un lato il Ministro della Funzione Pubblica promuove la digitalizzazione delle PA, dall'altro vieta l'uso di Facebook in ufficio; oppure vengono premiati gli istituti scolastici (durante il convegno “<a href="http://iniziative.forumpa.it/page/42565/comunicati-stampa-forum-pa-2010">A scuola di innovazione</a>”), mentre i docenti continuano a sequestrare i cellulari ai propri alunni in aula. Due miei amici hanno partecipato e hanno contribuito con interventi puntuali ai lavori: sono d'accordo con <a href="http://blog.ernestobelisario.eu/">Ernesto</a> e con la sua declinazione dei "Dieci comandamenti dell'amministrazione digitale" (a proposito, mi ha promesso che posterà le <em>slide</em>), soprattuto con il quinto: "Basta con i progetti pilota e le sedi campione". Anche in questo blog, infatti, per la parte educativa, si è detto dell'importanza di chiudere la fase delle sperimentazioni sull'uso delle tecnologie nella scuola per passare a un secondo <em>step</em> e cominciare a ragionare sulla revisione dei curricoli, in ottica digitale. Come non condividere l'appello di <a href="http://www.catepol.net/2010/05/22/roma-caput-friends-innovatori-barcamp-amici/#axzz0omSNPP4E">Caterina</a> (<a href="http://www.slideshare.net/catepol/social-networking-nella-pa-vietare-o-educare-alluso-barcamp-innovatori-ignite">qui</a> la sua presentazione) a non temere e vietare i social network che hanno nella condivisione di conoscenza il cuore pulsante. Spesso, infatti, trascinati da posizioni ideologiche, molti dimenticano quanto l'antropologia ci ha spiegato e cioè che l'uomo è un animale sociale: vive in un contesto, migliora o peggiora a seconda delle relazioni che costruisce, impara dagli altri e con gli altri e, contemporaneamente, insegna agli altri. I social media sono la naturale evoluzione delle modalità con cui le dinamiche sociali si sviluppano nel XXI secolo. Nella mia vita lavorativa, ho avuto la fortuna di far parte dei vari comparti della PA (scuola, università e, da poco, Regione) e posso affermare che la questione non si pone in ambito "professionale". Ci sono tanti bravi operatori che amano il proprio lavoro e sono pronti a fare i passi necessari per innovare le loro competenze e migliorare le condizioni dei servizi offerti ai cittadini. E' tempo di attuare una svolta radicale, non necessariamente in termini di infrastrutture tecnologiche (anche se il tema del <em><a href="http://www.fastweb.it/portale/canali/digital/digitalife/contenuti/articolo/?id=FL01815">digital divide</a></em> è sempre attuale, ovunque), quanto piuttosto di approccio e cioè educare alla consapevolezza dell'uso dei social media (cito Caterina e sono tremendamente d'accordo con lei). Al di là di considerazioni etiche, educative, professionali, giuridiche, è una questione di opportunità. Il compito di tutti è e sarà far riscoprire e far apprezzare la bellezza di potersi esprimere liberamente, condividere, diffondere, argomentare, ma, soprattutto, avere il coraggio, se e quando si avverte la necessità, di cambiare idea.Marco Albanesehttp://www.blogger.com/profile/14051734922707936481noreply@blogger.com0